Amicizia

Sommario:

Amicizia
Amicizia

Video: Amicizia

Video: Amicizia
Video: L'AMICIZIA è.wmv 2024, Marzo
Anonim

Navigazione di entrata

  • Contenuto dell'iscrizione
  • Bibliografia
  • Strumenti accademici
  • Anteprima PDF di amici
  • Informazioni sull'autore e sulla citazione
  • Torna in cima

Amicizia

Pubblicato per la prima volta martedì 17 maggio 2005; revisione sostanziale lun 7 ago 2017

L'amicizia, come inteso qui, è una relazione distintamente personale fondata su una preoccupazione da parte di ciascun amico per il benessere dell'altro, per il bene dell'altro, e che comporta un certo grado di intimità. In quanto tale, l'amicizia è senza dubbio al centro della nostra vita, in parte perché la particolare preoccupazione che nutriamo per i nostri amici deve avere un posto in una più ampia serie di preoccupazioni, comprese le preoccupazioni morali, e in parte perché i nostri amici possono aiutare a modellare chi siamo come persone. Data questa centralità, sorgono importanti questioni relative alla giustificazione dell'amicizia e, in questo contesto, se è lecito "scambiare" quando arriva qualcuno nuovo, nonché riguardo alla possibilità di conciliare le esigenze dell'amicizia con le esigenze della moralità nei casi in cui i due sembrano essere in conflitto.

  • 1. Natura dell'amicizia

    • 1.1 Cura reciproca
    • 1.2 Intimità
    • 1.3 Attività condivisa
  • 2. Valore e giustificazione dell'amicizia

    • 2.1 Valore individuale
    • 2.2 Valore sociale
  • 3. Amicizia e teoria morale
  • Bibliografia
  • Strumenti accademici
  • Altre risorse Internet
  • Voci correlate

1. La natura dell'amicizia

L'amicizia comporta essenzialmente un particolare tipo di preoccupazione per il tuo amico, una preoccupazione che potrebbe ragionevolmente essere intesa come un tipo di amore. I filosofi degli antichi greci hanno tradizionalmente distinto tre nozioni che possono essere correttamente chiamate amore: agape, eros e philia. Agape è un tipo di amore che non risponde al valore antecedente del suo oggetto ma si pensa invece che crei valore nell'amato; è venuto attraverso la tradizione cristiana per indicare il tipo di amore che Dio ha per noi persone, nonché, per estensione, il nostro amore per Dio e il nostro amore per l'umanità in generale. Al contrario, l'eros e la philia sono generalmente considerati sensibili ai meriti dei loro oggetti, alle proprietà dell'amato, in particolare alla sua bontà o bellezza. La differenza è che l'eros è una sorta di desiderio appassionato di un oggetto,tipicamente di natura sessuale, mentre "philia" originariamente significava una sorta di affetto affettuoso o sentimento amichevole verso non solo i propri amici ma anche verso i familiari, i partner commerciali e il proprio paese in generale (Liddell et al., 1940; Cooper, 1977a). Data questa classificazione dei tipi di amore, la philia sembra essere quella che è più chiaramente rilevante per l'amicizia (anche se ciò che la philia equivale a necessità deve essere chiarito in modo più dettagliato).la philia sembra essere ciò che è più chiaramente rilevante per l'amicizia (anche se ciò che equivale alla necessità deve essere chiarito in modo più dettagliato).la philia sembra essere ciò che è più chiaramente rilevante per l'amicizia (anche se ciò che la philia equivale a un bisogno deve essere chiarito in modo più dettagliato).

Per questo motivo, l'amore e l'amicizia vengono spesso raggruppati come un unico argomento; tuttavia, ci sono differenze significative tra loro. Come inteso qui, l'amore è un atteggiamento valutativo rivolto a determinate persone in quanto tali, un atteggiamento che potremmo assumere nei confronti di qualcuno, indipendentemente dal fatto che l'amore sia ricambiato e che abbiamo o meno un rapporto stabilito con lei. [1]L'amicizia, al contrario, è essenzialmente un tipo di relazione fondata su un particolare tipo di preoccupazione speciale che ciascuno ha per l'altro come la persona che è; e mentre dobbiamo fare spazio concettuale all'idea di amore non corrisposto, l'amicizia non corrisposta è insensata. Di conseguenza, i resoconti dell'amicizia tendono a comprenderlo non solo come un caso di amore reciproco di una qualche forma (insieme al reciproco riconoscimento di questo amore), ma come essenzialmente implicante interazioni significative tra gli amici, essendo in questo senso un certo tipo di relazione.

Tuttavia, si possono porre domande su come distinguere le relazioni romantiche, fondate sull'eros, dalle relazioni di amicizia, fondate sulla philia, nella misura in cui ognuna comporta interazioni significative tra le parti coinvolte che derivano da una sorta di amore reciproco che è sensibile al merito. Chiaramente i due differiscono in quanto l'amore romantico normalmente ha una sorta di coinvolgimento sessuale che manca all'amicizia; eppure, come chiede Thomas (1989), è abbastanza per spiegare le reali differenze tra loro? Badhwar (2003, 65-66) sembra pensarlo, sostenendo che il coinvolgimento sessuale entra in parte nell'amore romantico in parte attraverso la passione e il desiderio di unione fisica, mentre l'amicizia implica invece il desiderio di un'identificazione più psicologica. Tuttavia non è chiaro esattamente come comprenderlo:esattamente che tipo di "identificazione psicologica" o intimità è caratteristica dell'amicizia? (Per ulteriori discussioni, vedere la Sezione 1.2.)

Nelle discussioni filosofiche sull'amicizia, è comune seguire Aristotele (Etica nicomachea, Libro VIII) nel distinguere tre tipi di amicizia: amicizie del piacere, dell'utilità e della virtù. Sebbene non sia chiaro come comprendere queste distinzioni, l'idea di base sembra essere che piacere, utilità e virtù sono le ragioni che abbiamo in questi vari tipi di relazioni per amare il nostro amico. Cioè, potrei amare la mia amica per il piacere che provo da lei, o per i modi in cui mi è utile, o perché trovo che lei abbia un carattere virtuoso. Dato il coinvolgimento dell'amore in ogni caso, tutti e tre i tipi di amicizia sembrano comportare una preoccupazione per il tuo amico per il suo bene e non per il tuo.

C'è un'apparente tensione qui tra l'idea che l'amicizia implichi essenzialmente la preoccupazione per il tuo amico per il suo bene e l'idea di amicizie di piacere e utilità: come puoi essere preoccupato per lui per il suo bene se lo fai solo per il piacere o utilità ne esci? Se benefici al tuo amico perché, in definitiva, dei benefici che ricevi, sembrerebbe che non ami adeguatamente il tuo amico per il suo bene, e quindi la tua relazione non è completamente una relazione di amicizia dopo tutto. Quindi sembra che le amicizie di piacere e utilità siano nella migliore delle ipotesi modalità di amicizia carenti; al contrario, le amicizie della virtù, perché motivate dalle eccellenze del carattere del tuo amico, sono amicizie autentiche e non carenti. Per questo motivo, la maggior parte dei conti contemporanei,focalizzando la loro attenzione sulle forme non carenti di amicizia, ignora il piacere e le amicizie di utilità.[2]

Come menzionato nel primo paragrafo di questa sezione, la philia sembra essere il tipo di preoccupazione per le altre persone che è più rilevante per l'amicizia, e la parola "philia" a volte viene tradotta come amicizia; tuttavia la philia è in qualche modo molto diversa da quella che normalmente consideriamo un'amicizia. Pertanto, la "philia" si estende non solo agli amici, ma anche ai familiari, ai soci in affari e al proprio paese in generale. I resoconti contemporanei dell'amicizia differiscono sul fatto che i membri della famiglia, in particolare i figli di uno prima di diventare adulti, possano essere amici. La maggior parte dei filosofi pensa di no, capendo che l'amicizia è essenzialmente una relazione tra uguali; eppure alcuni filosofi (come Friedman 1989; Rorty 1986/1993; Badhwar 1987) intendono esplicitamente che i loro racconti di amicizia includano relazioni genitore-figlio,forse attraverso l'influenza della nozione storica di philia. Tuttavia, sembrano esserci differenze significative tra, da un lato, l'amore dei genitori e le relazioni che genera e, dall'altro, l'amore dei propri amici e le relazioni che genera; l'attenzione qui sarà sull'amicizia più restrittiva.

Nei resoconti filosofici dell'amicizia, numerosi temi ricorrono in modo coerente, anche se vari resoconti differiscono esattamente nel modo in cui li spiegano. Questi temi sono: cura reciproca (o amore), intimità e attività condivisa; questi saranno considerati a loro volta.

1.1 Cura reciproca

Una condizione necessaria di amicizia, secondo quasi ogni punto di vista (Telfer 1970-1971; Annas 1988, 1977; Annis 1987; Badhwar 1987; Millgram 1987; Sherman 1987; Thomas 1987, 1989, 1993; Friedman 1993, 1989; Whiting 1991; Hoffman 1997; Cocking & Kennett 1998; e White 1999a, 1999b, 2001) è che gli amici si preoccupano l'uno dell'altro e lo fanno per il suo bene; in effetti, questo vuol dire che gli amici devono amare l'altro. Sebbene molti resoconti sull'amicizia non analizzino ulteriormente tale reciproca cura, tra quelli che lo fanno vi è una notevole variabilità su come dovremmo capire il tipo di cura coinvolto nell'amicizia. Tuttavia, vi è un ampio consenso sul fatto che prendersi cura di qualcuno per il suo bene comporta sia simpatia che azione per conto dell'amico. Questo è,gli amici devono essere commossi da ciò che accade ai loro amici per provare le emozioni appropriate: gioia nei successi dei loro amici, frustrazione e delusione nei fallimenti dei loro amici (al contrario della delusione degli amici stessi), ecc. Inoltre, in parte come espressione della loro cura reciproca, gli amici devono normalmente essere disposti a promuovere il bene dell'altro per il suo bene e non per nessun motivo ulteriore. (Tuttavia, vedi Velleman 1999 per una visione dissenziente.)vedere Velleman 1999 per una tesi dissenziente.)vedere Velleman 1999 per una tesi dissenziente.)

Preoccuparsi di qualcosa è generalmente trovarlo utile o prezioso in qualche modo; prendersi cura dell'amico non fa eccezione. Una differenza centrale tra i vari resoconti della cura reciproca è il modo in cui questi resoconti comprendono il tipo di valutazione ivi implicita. La maggior parte dei resoconti comprende che la valutazione è una questione di valutazione: ci preoccupiamo dei nostri amici almeno in parte a causa delle buone qualità dei loro personaggi che scopriamo di avere (Annas 1977; Sherman 1987; Whiting 1991); questo è in linea con la comprensione dell'amore come philia o eros data nel primo paragrafo della precedente Sezione 1. Altri resoconti, tuttavia, comprendono la cura come in parte una questione di conferimento di valore alla persona amata: nel prendersi cura di un amico, proiettiamo in tal modo una sorta di valore intrinseco su di lui;questo è in linea con la comprensione dell'amore come agape data sopra.

Friedman (1989, 6) chiede il conferimento, affermando che se dovessimo basare la nostra amicizia su valutazioni positive delle eccellenze dei nostri amici, “in tale misura il nostro impegno nei confronti di quella persona è subordinato al nostro impegno per gli standard [valutativi] pertinenti ed è non intrinsecamente un impegno con quella persona. " Tuttavia, questo è troppo veloce, per fare appello a una valutazione delle buone qualità del personaggio del tuo amico al fine di giustificare che la tua amicizia non è di per sé subordinare la tua amicizia a quella valutazione. Piuttosto, attraverso l'amicizia e attraverso i cambiamenti nel tuo amico nel tempo, potresti arrivare a cambiare la tua visione valutativa, subordinando in tal modo il tuo impegno a determinati valori al tuo impegno con il tuo amico. Naturalmente, all'interno dell'amicizia l'influenza non ha bisogno di andare solo in una direzione:gli amici si influenzano a vicenda sul valore e sul modo di vivere. In effetti, il fatto che gli amici abbiano un reciproco effetto reciproco è una parte della preoccupazione per l'uguaglianza che molti trovano essenziale per l'amicizia, ed è centrale nella discussione dell'intimità nella Sezione 1.2.

(Per ulteriori informazioni sulla nozione di prendersi cura di un altro per il suo bene e la varietà di racconti filosofici su di esso, vedere la voce sull'amore.)

1.2 Intimità

La relazione di amicizia differisce da altre relazioni interpersonali, anche quelle caratterizzate dalla cura reciproca, come le relazioni tra colleghi: le amicizie sono, intuitivamente, "più profonde", relazioni più intime. La domanda che deve affrontare qualsiasi racconto filosofico è come comprendere quella caratteristica intimità dell'amicizia.

Su questo punto, c'è una notevole variazione nella letteratura, al punto da sollevare la questione se conti diversi mirano a chiarire lo stesso oggetto. Perché sembra che quando l'analisi dell'intimità è relativamente debole, lo scopo è chiarire quelle che potrebbero essere chiamate "amicizie conoscitive"; man mano che l'analisi dell'intimità diventa più forte, l'obiettivo sembra tendere verso amicizie più strette e persino verso una sorta di ideale di amicizia strettamente stretta. Si potrebbe chiedere se l'uno o l'altro di questi tipi di amicizia debba avere la priorità nell'analisi, in modo tale che, ad esempio, i casi di amicizia intima possano essere intesi come una versione migliorata dell'amicizia con la conoscenza, o se l'amicizia con la conoscenza debba essere compresa come carente in vari modi rispetto all'amicizia ideale. Tuttavia, in quanto segue,le opinioni saranno presentate approssimativamente in ordine da resoconti dell'intimità più deboli a più forti.

Per iniziare, Thomas (1987; 1989; 1993; 2013) afferma che dovremmo capire quella che qui viene chiamata l'intimità dell'amicizia in termini di reciproca auto-rivelazione: dico ai miei amici cose su di me che non mi sognerei di dire agli altri, e mi aspetto che mi rendano privato dei dettagli intimi della loro vita. Il punto di tale reciproca auto-divulgazione, sostiene Thomas, è quello di creare il "legame di fiducia" essenziale per l'amicizia, poiché attraverso tale auto-divulgazione ci rendiamo simultaneamente vulnerabili gli uni agli altri e riconosciamo la buona volontà che l'altro ha per noi. Un tale legame di fiducia è ciò che istituisce il tipo di intimità caratteristica dell'amicizia. (Idee simili si possono trovare in Annis 1987.)

La caricatura di Cocking & Kennett (1998) è "la visione dei segreti", sostenendo:

Non è la condivisione di informazioni private né di informazioni molto personali, in quanto tali, che contribuisce ai legami di fiducia e intimità tra amici compagni. Nella migliore delle ipotesi, la condivisione di ciò che gli amici si preoccupano è rilevante qui. [518]

Il loro punto è che la visione dei segreti sottovaluta il tipo di fiducia in questione nell'amicizia, concependola in gran parte come una questione di discrezione. Dato il modo in cui l'amicizia coinvolge essenzialmente il prendersi cura del bene dell'altro per il bene dell'altro e quindi agire per conto del bene dell'altro, entrare e sostenere una relazione di amicizia normalmente implica una notevole fiducia nella buona volontà del tuo amico nei tuoi confronti in generale, e non solo riguardo ai tuoi segreti. Inoltre, l'amicizia normalmente implica la fiducia nel giudizio del tuo amico riguardo a ciò che è nel tuo migliore interesse, perché quando il tuo amico ti vede ferire te stesso, dovrebbe, a parità di altre cose, intervenire e attraverso l'amicizia puoi venire a fare affidamento su di lei fare così. (Vedi anche Alfano, 2016, che sottolinea non solo la fiducia ma anche l'affidabilità per fare punti simili.)

Tale fiducia rafforzata può portare a "interessi o entusiasmi o opinioni condivisi … [o] uno stile di mente o un modo di pensare simile che crea un alto grado di empatia" (Telfer 1970–71, 227). Telfer trova tali interessi condivisi al centro del "senso di un legame" che hanno gli amici, un'idea simile alla "solidarietà" - la condivisione dei valori e un senso di ciò che è importante - che White (2001) sostiene come centrale nell'amicizia. Per aver fiducia nelle valutazioni della mia amica del mio bene in questo modo apparentemente implica la fiducia non solo che lei capisce chi sono e che trovo certe cose preziose e importanti nella vita, ma anche e centralmente che capisce il valore di queste cose che sono così significative per me. Ciò a sua volta sembra fondato sull'empatia che abbiamo l'uno per l'altro: il senso condiviso di ciò che è importante. So Telfer and White,facendo appello a tale condiviso senso del valore, stanno offrendo un senso un po 'più ricco del tipo di intimità essenziale per l'amicizia rispetto a Thomas e Annis.

Una domanda importante da porre, tuttavia, è cosa si intende esattamente per "condivisione" di un senso del valore. Ancora una volta ci sono versioni più deboli e più forti. Sul lato debole, un senso del valore è condiviso nel senso che una coincidenza di interessi e valori è una condizione necessaria per sviluppare e sostenere un'amicizia; quando quella felice coincidenza si dissipa, lo stesso vale per l'amicizia. In questo modo è possibile leggere il riassunto di Anna della visione dell'amicizia di Aristotele (1988, 1):

Un amico, quindi, è colui che (1) desidera e fa cose buone (o apparentemente buone) ad un amico, per amor dell'amico, (2) desidera che l'amico esista e viva, per se stesso, (3) spenda tempo con il suo amico, (4) fa le stesse scelte del suo amico e (5) trova le stesse cose piacevoli e dolorose del suo amico.

(4) e (5) sono le affermazioni importanti per gli scopi attuali: fare le stesse scelte del tuo amico, se fatto in modo coerente, dipende da avere una visione simile su quali motivi ci sono così da scegliere, e questo punto è rafforzato in (5) dato la comprensione di Aristotele del piacere e del dolore come valutativa e così come rivelando ciò che è (apparentemente) buono e cattivo. Il messaggio potrebbe essere che semplicemente avere una coincidenza nelle prospettive valutative è sufficiente per soddisfare (4) e (5).

Naturalmente, Aristotele (e Anna) rifiuterebbe questa lettura: gli amici non hanno semplicemente simili somiglianze precedenti alla loro amicizia come condizione necessaria dell'amicizia. Piuttosto, gli amici possono influenzare e modellare le reciproche prospettive valutative, in modo tale che la condivisione di un senso del valore sia rafforzata dalla dinamica della loro relazione. Un modo per dare un senso a questo è attraverso l'idea aristotelica secondo cui gli amici funzionano come una sorta di specchio l'uno dell'altro: nella misura in cui l'amicizia si basa sulla somiglianza del personaggio e nella misura in cui posso avere solo una conoscenza diretta imperfetta del mio personaggio, posso meglio conoscermi, sia i punti di forza che i punti deboli del mio personaggio, conoscendo un amico che riflette le mie qualità di personaggio. Piccole differenze tra amici, come quando il mio amico a volte fa una scelta che non avrei fatto,può portarmi a riflettere se questa differenza rivela un difetto nel mio personaggio che potrebbe aver bisogno di essere riparato, rafforzando in tal modo la somiglianza delle prospettive valutative del mio e del mio amico. In questa lettura della visione speculare, il mio amico ha un ruolo completamente passivo: solo essendo se stesso, mi permette di comprendere meglio il mio personaggio (cfr. Badhwar 2003).[3]

Cocking & Kennett (1998) discutono di una visione così speculare in due modi. In primo luogo, sostengono che questo punto di vista pone troppa enfasi sulla somiglianza come motivare e sostenere l'amicizia. Gli amici possono essere molto diversi l'uno dall'altro, e sebbene all'interno di un'amicizia vi sia la tendenza a diventare sempre più simili, questo dovrebbe essere inteso come un effetto dell'amicizia, non qualcosa che lo costituisce. In secondo luogo, sostengono che l'appello al ruolo dell'amico come specchio per spiegare la crescente somiglianza comporta l'assegnazione di troppa passività all'amico. I nostri amici, sostengono, svolgono un ruolo più attivo nel modellarci e la visione speculare non riesce a riconoscerlo. (Le opinioni di Cocking & Kennett saranno discusse più avanti. Lynch (2005) fornisce ulteriori critiche alla visione speculare,sostenendo che le differenze tra amici possono essere centrali e importanti per la loro amicizia.)

In un'interessante svolta sui racconti standard del senso in cui (almeno secondo Aristotele) un amico è uno specchio, Millgram (1987) afferma che nel rispecchiare il mio amico sono causalmente responsabile del fatto che il mio amico abbia e sostenga le virtù lui ha. Di conseguenza, sono in un certo senso il "procreatore" del mio amico e quindi mi trovo attualizzato nel mio amico. Per questo motivo, sostiene Millgram, vengo ad amare il mio amico nello stesso modo in cui amo me stesso, e questo spiega (a) l'affermazione altrimenti sconcertante di Aristotele secondo cui un amico è "un altro io", (b) perché gli amici non lo sono fungibile, dato il mio ruolo di procreatore solo di questa persona in particolare, e (c) perché le amicizie di piacere e utilità, che non comportano tale procreazione, non riescono ad essere vere amicizie. (Per ulteriori informazioni sul problema della fungibilità, vedere la Sezione 2.1.) Tuttavia,nell'offrire questo resoconto, Millgram potrebbe sembrare confondere il mio essere causalmente necessario per le virtù del mio amico con il mio essere responsabile di quelle virtù, confondere il mio ruolo passivo come specchio con quello di un "procreatore", un ruolo apparentemente attivo. La comprensione da parte di Millgram del mirroring non sfugge quindi alla critica di Cocking & Kennett nei confronti del punto di vista del mirroring poiché assegna troppa passività all'amico come mirror.

Friedman (1989) offre un altro modo per dare un senso all'influenza che il mio amico ha sul mio senso del valore facendo appello alla nozione di dazione. Secondo Friedman, l'intimità dell'amicizia prende la forma di un impegno che gli amici hanno l'un l'altro come persone uniche, un impegno in cui il

i successi degli amici diventano occasioni di gioia; i suoi giudizi possono provocare riflessione o persino deferenza; il suo comportamento può incoraggiare l'emulazione; e le cause che lei sostiene possono ispirare devozione … Il comportamento di uno nei confronti dell'amico prende la sua adeguatezza, almeno in parte, dai suoi obiettivi e aspirazioni, dai suoi bisogni, dal suo carattere - tutto ciò che si sente prima facie invitato a riconoscere come utile solo perché sono suoi. [4]

Come notato nel terzo paragrafo della Sezione 1.1, Friedman pensa che il mio impegno con la mia amica non possa essere fondato su valutazioni di lei, e quindi il mio riconoscimento del valore dei suoi obiettivi, ecc., È una questione del mio valore di conferimento su questi: lei le fini diventano preziose per me e così adatte a motivare le mie azioni, "solo perché sono sue". Cioè, un tale impegno implica prendere sul serio la mia amica, dove questo significa che trovare i suoi valori, interessi, ragioni, ecc. Mi fornisce ragioni tanto ragionevoli per valutare e pensare in modo simile. [4] In questo modo, la dinamica della relazione di amicizia coinvolge gli amici che si influenzano reciprocamente il senso di valore reciproco, che viene così condiviso in un modo che sottoscrive una significativa intimità.

In parte, il punto di Friedman è che condividere una prospettiva valutativa nel modo in cui costituisce l'intimità dell'amicizia implica arrivare ad adottare i suoi valori come parti del mio senso del valore. Whiting (1991) sostiene che un simile approccio non riesce correttamente a dare un senso all'idea che io amo la mia amica per il suo bene. Perché esigere che i valori della mia amica siano i miei è confondere la distinzione tra valutare queste cose per il suo bene e valutarle per i miei. Inoltre, Whiting (1986) sostiene che capire la mia preoccupazione per lei per il suo bene in termini di preoccupazione per le cose per il mio bene solleva la questione di come capire quest'ultima preoccupazione. Tuttavia, Whiting pensa che il secondo non sia tanto chiaro quanto il primo, come è rivelato quando pensiamo al lungo termine e alla mia connessione e responsabilità con il mio "io futuro". La soluzione, afferma,è capire il valore dei miei fini (o dei tuoi) per essere indipendenti dal fatto che sono miei (o i tuoi): questi fini sono intrinsecamente preziosi, ed è per questo che dovrei preoccuparmene, indipendentemente da chi siano. Di conseguenza, il motivo per cui devo prendermi cura di me stesso, compresi i miei futuri sé, per il mio bene è lo stesso del motivo per cui devo preoccuparmi del mio amico per il suo bene: perché riconosco il valore intrinseco del carattere (eccellente) che lei o Ho (Whiting 1991, 10; per una visione simile, vedi Keller 2000). Whiting sostiene quindi quella che lei chiama una concezione "impersonale" dell'amicizia: ci sono potenzialmente molte persone che mostrano (ciò che considererei essere) eccellenze di carattere, e questi sono i miei amici impersonali nella misura in cui sono tutti "ugualmente degni della mia preoccupazione";ciò che spiega ma non giustifica la mia "preoccupazione differenziale e apparentemente personale per solo alcuni … [è] in gran parte una funzione dell'incidente storico e psicologico" (1991, 23).

Dovrebbe essere chiaro che Whiting non afferma semplicemente che gli amici condividono valori solo in quanto tali valori coincidono; se così fosse, la sua concezione dell'amicizia sarebbe vulnerabile all'accusa che gli amici non si preoccupino davvero l'uno dell'altro, ma semplicemente per le proprietà intrinsecamente preziose che ciascuno di essi esemplifica. Piuttosto, Whiting pensa che parte di ciò che rende la mia preoccupazione per la mia amica sia per me sia il mio impegno a ricordarle ciò che è davvero prezioso nella vita e a promuovere in lei un impegno verso questi valori in modo da impedirle di smarrirsi. Un tale impegno da parte mia è chiaramente un impegno nei suoi confronti, e una relazione caratterizzata da un tale impegno da entrambe le parti è quella che rinforza costantemente e non casualmente la condivisione di questi valori.

Brink (1999) critica il racconto di Whiting sull'amicizia come troppo impersonale perché non riesce a capire che la relazione dell'amicizia stessa è intrinsecamente preziosa. (Per critiche simili, vedi Jeske 1997.) In parte, la denuncia è la stessa di quella che Friedman (1989) ha offerto contro qualsiasi concezione dell'amicizia che basa tale amicizia sulla valutazione delle proprietà dell'amico (cfr. Il terzo paragrafo della Sezione 1.1 sopra): tale concezione di amicizia subordina la nostra preoccupazione per l'amico alla nostra preoccupazione per i valori, trascurando così ciò che rende l'amicizia una relazione distintamente personale. Data la comprensione di Whiting del senso in cui gli amici condividono valori in termini di appello al valore intrinseco e impersonale di tali valori, sembra che non possa fare gran parte della confutazione a Friedman offerta sopra:che posso subordinare la mia preoccupazione per determinati valori alla mia preoccupazione per il mio amico, cambiando così i miei valori in parte per preoccupazione per il mio amico. Tuttavia, la critica di Brink approfondisce:

A meno che il nostro resoconto dell'amore e dell'amicizia non attribuisca un significato intrinseco alla relazione storica tra amici, sembra incapace di giustificare l'interesse per l'amico qua amico. [1999, 270]

È solo in termini di significato della relazione storica, sostiene Brink, che possiamo dare un senso alle ragioni dell'amicizia e alla preoccupazione e all'attività che l'amicizia richiede come relativa all'agente (e quindi personale) piuttosto che all'agente -neutrale (o impersonale, come per Whiting). [5]

Cocking & Kennett (1998), in quello che potrebbe essere uno sviluppo di Rorty (1986/1993), offre un resoconto della stretta amicizia in parte in termini di amici che svolgono un ruolo più attivo nel trasformare le reciproche prospettive valutative: in amicizia, essi affermiamo che siamo "ricettivi" ad avere i nostri amici "diretti" e "interpretarci" e quindi cambiare i nostri interessi. Essere guidati dalla tua amica significa permettere ai suoi interessi, valori, ecc. Di modellare i tuoi; quindi, il tuo amico potrebbe suggerirti di andare all'opera insieme e potresti acconsentire ad andare, anche se non hai alcun interesse antecedente all'opera. Attraverso il suo interesse, entusiasmo e suggerimento ("Non ti è piaciuto solo il duetto conclusivo dell'Atto III?"), Potresti essere commosso direttamente da lui per acquisire un interesse per l'opera solo perché è tuo amico. Essere interpretato dal tuo amico significa permettere alla tua comprensione di te stesso, in particolare dei tuoi punti di forza e di debolezza, di essere modellata dalle interpretazioni del tuo amico su di te. Pertanto, il tuo amico può ammirare la tua tenacia (un tratto che non ti sei reso conto di avere) o essere divertito dalla tua eccessiva preoccupazione per l'equità, e potresti venire di conseguenza a sviluppare una nuova comprensione di te stesso e potenzialmente cambiare te stesso, in risposta diretta alla sua interpretazione di te. Quindi, sostengono Cocking & Kennett, "l'io che il mio amico vede è, almeno in parte, un prodotto dell'amicizia" (505). (Nehamas 2010 offre un resoconto simile dell'importanza dell'interpretazione dei propri amici nel determinare chi si è, anche se Nehamas sottolinea in un modo che Cocking &Kennett non ritiene che la tua interpretazione del tuo amico possa rivelare possibili modi preziosi per essere te stesso "che non avresti mai potuto nemmeno immaginare prima" (287).)

Non è chiaro quale sia il tuo ruolo nell'essere diretto e interpretato dal tuo amico. Si tratta semplicemente di accettare passivamente la direzione e l'interpretazione? Ciò è suggerito dalla comprensione dell'amicizia di Cocking & Kennett in termini di ricettività per essere attratto dal tuo amico e dalla sua apparente comprensione di questa ricettività in termini disposti. Eppure questo sembrerebbe essere una questione di cedere la tua autonomia al tuo amico, e sicuramente non è quello che intendono. Piuttosto, a quanto pare, siamo almeno selettivi nei modi in cui permettiamo ai nostri amici di dirigerci e interpretarci, e possiamo resistere ad altre direzioni e interpretazioni. Tuttavia, ciò solleva la questione del perché permettiamo tale direzione e interpretazione. Una risposta sarebbe perché riconosciamo il valore indipendente degli interessi dei nostri amici,o che riconosciamo la verità delle loro interpretazioni di noi. Ma questo non spiegherebbe il ruolo dell'amicizia in tale direzione e interpretazione, poiché potremmo altrettanto facilmente accettare tale direzione e interpretazione da un mentore o forse anche da uno sconosciuto. Questa carenza potrebbe spingerci a comprendere la nostra ricettività alla direzione e all'interpretazione non in termini disposizionali ma piuttosto in termini normativi: a parità di altre condizioni, dovremmo accettare la direzione e l'interpretazione dei nostri amici proprio perché sono nostri amici. E questo potrebbe spingerci a una concezione ancora più forte dell'intimità, della condivisione dei valori, in termini dei quali possiamo capire perché l'amicizia fonda queste norme.poiché potremmo altrettanto facilmente accettare tale direzione e interpretazione da un mentore o forse anche da uno sconosciuto. Questa carenza potrebbe spingerci a comprendere la nostra ricettività alla direzione e all'interpretazione non in termini disposizionali ma piuttosto in termini normativi: a parità di altre condizioni, dovremmo accettare la direzione e l'interpretazione dei nostri amici proprio perché sono nostri amici. E questo potrebbe spingerci a una concezione ancora più forte dell'intimità, della condivisione dei valori, in termini dei quali possiamo capire perché l'amicizia fonda queste norme.poiché potremmo altrettanto facilmente accettare tale direzione e interpretazione da un mentore o forse anche da uno sconosciuto. Questa carenza potrebbe spingerci a comprendere la nostra ricettività alla direzione e all'interpretazione non in termini disposizionali ma piuttosto in termini normativi: a parità di altre condizioni, dovremmo accettare la direzione e l'interpretazione dei nostri amici proprio perché sono nostri amici. E questo potrebbe spingerci a una concezione ancora più forte dell'intimità, della condivisione dei valori, in termini dei quali possiamo capire perché l'amicizia fonda queste norme.dovremmo accettare la direzione e l'interpretazione dei nostri amici proprio perché sono nostri amici. E questo potrebbe spingerci a una concezione ancora più forte dell'intimità, della condivisione dei valori, in termini dei quali possiamo capire perché l'amicizia fonda queste norme.dovremmo accettare la direzione e l'interpretazione dei nostri amici proprio perché sono nostri amici. E questo potrebbe spingerci a una concezione ancora più forte dell'intimità, della condivisione dei valori, in termini dei quali possiamo capire perché l'amicizia fonda queste norme.

Una concezione più forte dell'intimità è fornita nell'interpretazione di Sherman del racconto di Aristotele (Sherman 1987). Secondo Sherot's Aristotele, una componente importante dell'amicizia è che gli amici si identificano l'uno con l'altro nel senso che esibiscono una "singolarità mentale". Questo include, in primo luogo, una specie di simpatia, per cui provo per conto del mio amico le stesse emozioni che prova. A differenza di racconti simili, Sherman include esplicitamente l'orgoglio e la vergogna come emozioni che provo simpaticamente a nome del mio amico, un'aggiunta significativa a causa del ruolo che l'orgoglio e la vergogna hanno nel costituire il nostro senso di noi stessi e persino le nostre identità (Taylor 1985). In parte per questo motivo, Sherman afferma che "attraverso il senso di appartenenza e attaccamento" otteniamo grazie a tale orgoglio e vergogna,"Ci identifichiamo con e condividiamo il loro bene [dei nostri amici" (600).[6]

In secondo luogo, e ancora più importante, Aristotele di Sherman comprende la singolarità mentale che gli amici hanno in termini di processi condivisi di deliberazione. Quindi, mentre riassume un passaggio in Aristotele (1170b11-12):

gli amici personaggi vivono insieme, non come fanno gli animali, condividendo lo stesso pascolo, ma "condividendo argomenti e pensieri". [598]

Il punto è che gli amici "condividono" una concezione di valori non solo in quanto vi è una significativa sovrapposizione tra i valori di un amico e quelli dell'altro, e non semplicemente nel fatto che questa sovrapposizione viene mantenuta attraverso l'influenza che gli amici hanno l'uno sull'altro. Piuttosto, i valori sono condivisi nel senso che sono fondamentalmente i loro valori, ai quali arrivano congiuntamente deliberando insieme.

[Gli amici hanno] il progetto di una concezione condivisa di eudaimonia [cioè di come vivere al meglio]. Attraverso decisioni reciproche su questioni pratiche specifiche, gli amici iniziano a esprimere quell'impegno condiviso … Qualsiasi felicità o delusione derivante da queste azioni appartiene a entrambe le persone, poiché la decisione di agire in tal modo era comune e la responsabilità è così condivisa. [598]

L'intento di questo account, in cui ciò che viene condiviso è, potremmo dire, un'identità che gli amici hanno in comune, non è quello di essere descrittivamente accurati di particolari amicizie; è piuttosto fornire un tipo di ideale che le amicizie reali, nella migliore delle ipotesi, solo approssimano. Un'idea così forte di condivisione ricorda la visione dell'unione dell'amore (principalmente erotico), secondo la quale l'amore consiste nella formazione di un tipo significativo di unione, un "noi" (vedere la voce sull'amore, la sezione sull'amore come unione). Come la visione sindacale dell'amore, questo racconto di amicizia suscita preoccupazioni sull'autonomia. Quindi, sembra che Aristotele di Sherman elimini qualsiasi chiara distinzione tra gli interessi e persino il libero arbitrio dei due amici, minando in tal modo il tipo di indipendenza e libertà di auto-sviluppo che caratterizza l'autonomia. Se l'autonomia fa parte del bene dell'individuo, allora Aristotele di Sherman potrebbe essere costretto a concludere che l'amicizia è in tal senso negativa; la conclusione potrebbe quindi essere che dovremmo respingere questa forte concezione dell'intimità dell'amicizia.

Non è chiaro dall'interpretazione di Sherman di Aristotele se ci sono ragioni di principio per limitare la misura in cui condividiamo le nostre identità con i nostri amici; forse un appello a qualcosa come il modello di federazione di Friedman (1998) può aiutare a risolvere queste difficoltà. L'idea di Friedman è che dovremmo comprendere l'amore romantico (ma l'idea potrebbe anche essere applicata all'amicizia) non in termini di unione dei due individui, in cui le loro identità vengono riassunte da quella unione, ma piuttosto in termini di federazione del individui: la creazione di una terza entità che presuppone un certo grado di indipendenza degli individui che la compongono. Anche così, molto dovrebbe essere fatto per precisare questa visione in modo soddisfacente. (Per ulteriori informazioni sull'account di Friedman, vedere la voce sull'amore, la sezione sull'amore come unione.)

In ciascuno di questi resoconti sul tipo di intimità e impegno caratteristici dell'amicizia, potremmo chiederci quali siano le condizioni in cui l'amicizia può essere correttamente dissolta. Pertanto, nella misura in cui l'amicizia comporta un tale impegno, non possiamo semplicemente rinunciare ai nostri amici senza motivo; né, a quanto pare, il nostro impegno dovrebbe essere incondizionato, vincolante per noi come potrebbe venire. Comprendere più chiaramente quando è opportuno interrompere un'amicizia o lasciarla decadere può far luce sul tipo di impegno e intimità che è caratteristico dell'amicizia; tuttavia, questo problema ottiene scarsa attenzione in letteratura.

1.3 Attività condivisa

Un filo conduttore finale nei resoconti filosofici dell'amicizia è l'attività condivisa. L'intuizione di fondo è questa: non condividere mai l'attività con qualcuno e in questo modo interagire con lui non è avere quel tipo di relazione che si potrebbe chiamare amicizia, anche se ognuno si prende cura dell'altro per il suo bene. Piuttosto, gli amici si impegnano in attività comuni, in parte motivate dall'amicizia stessa. Queste attività comuni possono includere non solo cose come fare qualcosa insieme, suonare insieme e parlare insieme, ma anche attività che essenzialmente coinvolgono esperienze condivise, come andare all'opera insieme. Tuttavia, affinché tali attività siano adeguatamente condivise nel senso rilevante di "condivisione", non possono coinvolgere attività motivate semplicemente dall'interesse personale: ad esempio,il pensiero che ti aiuterò a costruire il tuo recinto oggi se in seguito mi aiuti a dipingere la mia casa. Piuttosto, l'attività deve essere svolta in parte allo scopo di farlo insieme al mio amico, e questo è il punto di dire che l'attività condivisa deve essere motivata, almeno in parte, dall'amicizia stessa.

Ciò solleva le seguenti domande: in che senso si può dire che tale attività sia “condivisa”, e cosa c'è nell'amicizia che rende l'attività condivisa così centrale? La risposta comune a questa seconda domanda (che aiuta a individuare una risposta alla prima) è che l'attività condivisa è importante perché gli amici hanno normalmente interessi condivisi come parte dell'intimità che è caratteristica dell'amicizia in quanto tale e della ricerca "condivisa" di tali interessi condivisi è quindi una parte importante dell'amicizia. Di conseguenza, il resoconto dell'attività condivisa all'interno di una particolare teoria dovrebbe dipendere almeno in parte dalla comprensione di quella teoria del tipo di intimità rilevante per l'amicizia. E questo in genere sembra essere il caso: ad esempio Thomas (1987, 1989, 1993, 2013),che sostiene una concezione debole dell'intimità in termini di rivelazione reciproca, ha poco spazio per l'attività condivisa nel suo racconto di amicizia, mentre Sherman (1987), che sostiene una forte concezione dell'intimità in termini di valori condivisi, deliberazione, e pensato, fornisce all'interno dell'amicizia un posto centrale non solo per le attività condivise isolate, ma, più significativamente, per una vita condivisa.

Nondimeno, nella letteratura sull'amicizia viene data per scontata la nozione di attività condivisa o congiunta: non si è pensato molto ad articolare chiaramente il senso in cui gli amici condividono la loro attività. Ciò è sorprendente e sfortunato, soprattutto nella misura in cui la comprensione del senso in cui tali attività sono "condivise" è strettamente correlata alla comprensione dell'intimità che è così centrale in ogni racconto dell'amicizia; in effetti, un chiaro resoconto del tipo di attività condivisa caratteristica dell'amicizia può a sua volta fare luce sul tipo di intimità che comporta. Ciò significa in parte che una particolare teoria dell'amicizia potrebbe essere criticata in base al modo in cui la sua spiegazione dell'intimità dell'amicizia fornisce una scarsa spiegazione del senso in cui l'attività è condivisa. Per esempio,si potrebbe pensare che dobbiamo distinguere tra attività che intraprendiamo insieme in parte per la mia preoccupazione per qualcuno che amo, e attività che condividiamo nella misura in cui ci impegniamo almeno in parte per il gusto di condividerla; solo quest'ultimo, si potrebbe sostenere, è il tipo di attività condivisa costitutiva del rapporto di amicizia rispetto a quella costitutiva semplicemente della mia preoccupazione per lui (vedi Nozick 1989). Di conseguenza, secondo questa linea di pensiero, qualsiasi resoconto dell'intimità dell'amicizia che non comprende la condivisione degli interessi in modo tale da dare un senso a questa distinzione dovrebbe essere respinto.è il tipo di attività condivisa costitutiva del rapporto di amicizia rispetto a quella costitutiva semplicemente della mia preoccupazione per lui (vedi Nozick 1989). Di conseguenza, secondo questa linea di pensiero, qualsiasi resoconto dell'intimità dell'amicizia che non comprende la condivisione degli interessi in modo tale da dare un senso a questa distinzione dovrebbe essere respinto.è il tipo di attività condivisa costitutiva del rapporto di amicizia rispetto a quella costitutiva semplicemente della mia preoccupazione per lui (vedi Nozick 1989). Di conseguenza, secondo questa linea di pensiero, qualsiasi resoconto dell'intimità dell'amicizia che non comprende la condivisione degli interessi in modo tale da dare un senso a questa distinzione dovrebbe essere respinto.

Helm (2008) sviluppa un resoconto dell'attività condivisa e della valutazione condivisa almeno in parte con un occhio alla comprensione dell'amicizia. Sostiene che il senso in cui gli amici condividono l'attività non è il tipo di intenzione condivisa e soggettività plurale discussa in letteratura sull'intenzione condivisa all'interno della filosofia sociale (su cui, vedi Tuomela 1995, 2007; Gilbert 1996, 2000, 2006; Searle 1990; e Bratman 1999), poiché tale condivisione di intenzioni non implica la necessaria intimità dell'amicizia. Piuttosto, l'intimità dell'amicizia dovrebbe essere compresa in parte in termini di amici che formano un "agente plurale": un gruppo di persone che hanno preoccupazioni congiunte, una prospettiva valutativa congiunta, che analizza principalmente in termini di un modello di emozioni interpersonalmente connesse, desideri, giudizi e azioni (condivise). Le amicizie emergono, sostiene Helm,quando gli amici formano un agente plurale che si preoccupa positivamente della loro relazione, e la varietà di tipi di amicizie che possono esserci, comprese amicizie di piacere, utilità e virtù, devono essere comprese in termini di modo particolare in cui comprendono insieme la loro relazione è qualcosa a cui tengono, ad esempio come compagni di tennis o come compagni di vita.

2. Valore e giustificazione dell'amicizia

L'amicizia gioca chiaramente un ruolo importante nella nostra vita; in larga misura, i vari resoconti dell'amicizia mirano a identificare e chiarire quel ruolo. In questo contesto, è importante capire non solo perché l'amicizia può essere preziosa, ma anche ciò che giustifica amicizie particolari.

2.1 Valore individuale

Un modo per interpretare la questione del valore dell'amicizia è in termini di individuo considerando se essere (o continuare ad essere) impegnato in un'amicizia: perché dovrei investire un tempo considerevole, energia e risorse in un amico piuttosto che in me stesso ? Cosa rende l'amicizia utile per me, e quindi come dovrei valutare se particolari amicizie che ho sono buone amicizie o no?

Un tipo di risposta è che l'amicizia è strumentalmente buona. Pertanto, Telfer (1970-1971) afferma che l'amicizia sta “migliorando la vita” in quanto ci fa “sentire più vivi” - migliora le nostre attività intensificando il nostro assorbimento in esse e quindi il piacere che ne traiamo (239–40)). Inoltre, afferma, l'amicizia è piacevole in sé e utile per gli amici. Annis (1987) aggiunge che aiuta a promuovere l'autostima, il che è positivo sia a livello strumentale che per se stesso.

Tuttavia, l'amicizia non ha un valore meramente strumentale, come è suggerito dall'affermazione di Annis secondo cui "le nostre vite sarebbero significativamente meno piene, data la fine universale dell'amicizia" (1987, 351). Cooper (1977b), interpretando Aristotele, fornisce due argomenti per spiegare perché potrebbe essere così. In primo luogo, afferma Aristotele di Cooper, vivere bene richiede che si conosca la bontà della propria vita; tuttavia, data la possibilità perpetua di autoinganno, si è in grado di valutare accuratamente la propria vita solo attraverso l'amicizia, in cui l'amico agisce come una specie di specchio di sé. Quindi, una vita fiorente è possibile solo attraverso l'accesso epistemico fornito dall'amicizia. Secondo,Aristotele di Cooper afferma che il tipo di attività condivisa caratteristica dell'amicizia è essenziale per essere in grado di impegnarsi nel tipo di attività caratteristiche del vivere bene "continuamente" e "con piacere e interesse" (310). Tali attività comprendono attività morali e intellettuali, attività nelle quali è spesso difficile sostenere l'interesse senza essere tentati di agire diversamente. L'amicizia, i valori condivisi e le attività condivise che essenzialmente coinvolge, sono necessari per rafforzare la nostra comprensione intellettuale e pratica di tali attività come utili nonostante la loro difficoltà e la sempre presente possibilità che il nostro interesse nel perseguirle marcerà. Di conseguenza, l'attività condivisa dell'amicizia è in parte costitutiva del fiorire umano. Tali attività comprendono attività morali e intellettuali, attività nelle quali è spesso difficile sostenere l'interesse senza essere tentati di agire diversamente. L'amicizia, i valori condivisi e le attività condivise che essenzialmente coinvolge, sono necessari per rafforzare la nostra comprensione intellettuale e pratica di tali attività come utili nonostante la loro difficoltà e la sempre presente possibilità che il nostro interesse nel perseguirle marcerà. Di conseguenza, l'attività condivisa dell'amicizia è in parte costitutiva del fiorire umano. Tali attività comprendono attività morali e intellettuali, attività nelle quali è spesso difficile sostenere l'interesse senza essere tentati di agire diversamente. L'amicizia, i valori condivisi e le attività condivise che essenzialmente coinvolge, sono necessari per rafforzare la nostra comprensione intellettuale e pratica di tali attività come utili nonostante la loro difficoltà e la sempre presente possibilità che il nostro interesse nel perseguirle marcerà. Di conseguenza, l'attività condivisa dell'amicizia è in parte costitutiva del fiorire umano.è necessario per rafforzare la nostra comprensione intellettuale e pratica di tali attività come utili nonostante la loro difficoltà e la sempre presente possibilità che il nostro interesse nel perseguirle marcerà. Di conseguenza, l'attività condivisa dell'amicizia è in parte costitutiva del fiorire umano.è necessario per rafforzare la nostra comprensione intellettuale e pratica di tali attività come utili nonostante la loro difficoltà e la sempre presente possibilità che il nostro interesse nel perseguirle marcerà. Di conseguenza, l'attività condivisa dell'amicizia è in parte costitutiva del fiorire umano.

Finora si tratta di tentativi di comprendere il valore dell'amicizia per l'individuo in termini di come l'amicizia contribuisce, in modo strumentale o costitutivo, a qualcos'altro che è prezioso per l'individuo. Eppure si potrebbe anche pensare che l'amicizia sia preziosa per se stessa. Schoeman (1985), in parte in risposta all'individualismo di altri resoconti sul valore dell'amicizia, afferma che nell'amicizia gli amici "diventano una comunità unica con un essere e un valore tutto suo" (280): l'intimità dell'amicizia si traduce in “Un modo di essere e di agire in virtù dell'essere uniti con un altro” (281). Sebbene questa affermazione abbia un fascino intuitivo, Schoeman non spiega chiaramente quale sia il valore di quella "comunità unica" o perché dovrebbe avere quel valore. Infatti,dovremmo aspettarci che la realizzazione di questa affermazione comporterebbe una proposta sostanziale relativa alla natura di quella comunità e al modo in cui può avere un'esistenza e un valore separati (-cf. Friedman 1998). Ancora una volta, la letteratura sull'intenzione condivisa e la soggettività plurale è rilevante qui; vedi, ad esempio, Gilbert 1989, 1996, 2000; Tuomela 1984, 1995; Searle 1990; e Bratman 1999.

Una domanda strettamente correlata a questa domanda sul valore dell'amicizia è quella di ciò che giustifica il mio essere amico di questa persona piuttosto che di qualcun altro o di nessuno. In una certa misura, le risposte alla domanda sul valore dell'amicizia potrebbero sembrare fornire risposte alla domanda sulla giustificazione dell'amicizia. Dopotutto, se il valore dell'amicizia in generale risiede nel modo in cui contribuisce (sia strumentalmente che costitutivamente) a una vita fiorente per me, allora potrebbe sembrare che io possa giustificare particolari amicizie alla luce della misura in cui contribuiscono alla mia fiorente. Tuttavia, questo sembra inaccettabile perché suggerisce, ciò che è sicuramente falso, che gli amici sono fungibili. (Essere fungibile deve essere sostituibile da un oggetto pertinentemente simile senza alcuna perdita di valore.) Cioè,se la mia amica ha determinate proprietà (incluse, forse, le proprietà relazionali) in virtù delle quali sono giustificato averla come mia amica (perché è in virtù di quelle proprietà che contribuisce al mio fiorire), allora da questo punto di vista essere ugualmente giustificato nell'essere amico di qualcun altro con proprietà simili simili, e quindi non avrei motivo di non sostituire il mio attuale amico con qualcun altro di questo tipo. In effetti, potrebbe anche essere che dovrei "scambiarmi" quando qualcuno diverso dal mio attuale amico mostra le proprietà pertinenti che giustificano l'amicizia in misura maggiore rispetto al mio amico. Questo è sicuramente discutibile come comprensione dell'amicizia.proprietà relazionali) in virtù delle quali sono giustificato averla come mia amica (perché è in virtù di quelle proprietà che contribuisce al mio fiorire), quindi da questo punto di vista sarei ugualmente giustificato nell'essere amico di chiunque altro abbia proprietà simili, e quindi non avrei motivo di non sostituire il mio attuale amico con qualcun altro di questo tipo. In effetti, potrebbe anche essere che dovrei "scambiarmi" quando qualcuno diverso dal mio attuale amico mostra le proprietà pertinenti che giustificano l'amicizia in misura maggiore rispetto al mio amico. Questo è sicuramente discutibile come comprensione dell'amicizia.proprietà relazionali) in virtù delle quali sono giustificato averla come mia amica (perché è in virtù di quelle proprietà che contribuisce al mio fiorire), quindi da questo punto di vista sarei ugualmente giustificato nell'essere amico di chiunque altro abbia proprietà simili, e quindi non avrei motivo di non sostituire il mio attuale amico con qualcun altro di questo tipo. In effetti, potrebbe anche essere che dovrei "scambiarmi" quando qualcuno diverso dal mio attuale amico mostra le proprietà pertinenti che giustificano l'amicizia in misura maggiore rispetto al mio amico. Questo è sicuramente discutibile come comprensione dell'amicizia.e quindi non avrei motivo di non sostituire il mio attuale amico con qualcun altro di questo tipo. In effetti, potrebbe anche essere che dovrei "scambiarmi" quando qualcuno diverso dal mio attuale amico mostra le proprietà pertinenti che giustificano l'amicizia in misura maggiore rispetto al mio amico. Questo è sicuramente discutibile come comprensione dell'amicizia.e quindi non avrei motivo di non sostituire il mio attuale amico con qualcun altro di questo tipo. In effetti, potrebbe anche essere che dovrei "scambiarmi" quando qualcuno diverso dal mio attuale amico mostra le proprietà pertinenti che giustificano l'amicizia in misura maggiore rispetto al mio amico. Questo è sicuramente discutibile come comprensione dell'amicizia.

Nel risolvere questo problema della fungibilità, i filosofi si sono in genere concentrati sulle caratteristiche della relazione storica dell'amicizia (cfr. Brink 1999, citato sopra). Un approccio potrebbe essere trovato nel racconto di amicizia di Sherman del 1987 discusso sopra (questo tipo di visione potrebbe essere suggerito dalla spiegazione del valore dell'amicizia in Schoeman 1985). Se io e il mio amico formiamo una sorta di unione in virtù del fatto che abbiamo una concezione condivisa di come vivere che è forgiata e mantenuta attraverso una particolare storia di interazione e condivisione delle nostre vite, e se quindi il mio senso dei miei valori e identità dipende dato che questi sono fondamentalmente i nostri valori e la nostra identità, allora non è semplicemente possibile sostituire un'altra persona con il mio amico senza perdita. Per questa altra persona non è possibile condividere le proprietà pertinenti del mio amico,vale a dire il suo rapporto storico con me. Tuttavia, il prezzo di questa soluzione al problema della fungibilità, dato che si presenta sia per l'amicizia che per l'amore, è la preoccupazione per l'autonomia sollevata verso la fine della sezione 1.2.

Una soluzione alternativa è comprendere queste proprietà storiche e relazionali del mio amico per essere più direttamente rilevanti per la giustificazione della nostra amicizia. Pertanto, Whiting (1991) distingue le ragioni che abbiamo per iniziare un'amicizia (che sono, secondo lei, impersonali in un modo che consente la fungibilità) dalle ragioni che abbiamo per sostenere un'amicizia; questi ultimi, suggerisce, si trovano nella storia delle preoccupazioni che nutriamo l'uno per l'altro. Tuttavia, non è chiaro come le proprietà storico-relazionali possano fornire qualsiasi ulteriore giustificazione per l'amicizia oltre a quella fornita pensando al valore dell'amicizia in generale, che non risolve il problema della fungibilità. Per il semplice fatto che questo è il mio amico non sembra giustificare la mia continua amicizia:quando immaginiamo che il mio amico stia attraversando un momento difficile in modo da perdere quelle virtù che giustificano la mia amicizia iniziale con lui, perché non dovrei semplicemente scaricarlo e stringere una nuova amicizia con qualcuno che ha quelle virtù? Non è chiaro come l'appello alle proprietà storiche del mio amico o della nostra amicizia possa fornire una risposta.

In parte il problema qui deriva da taciti preconcetti riguardanti la natura della giustificazione. Se tentiamo di giustificare l'amicizia continua in termini del fatto che l'amico sia questa persona in particolare, con una particolare relazione storica con me, allora sembra che stiamo facendo appello a proprietà meramente idiosincratiche e soggettive, che potrebbero spiegare ma non possono giustificare quell'amicizia. Ciò sembra implicare che la giustificazione in generale richiede l'appello al fatto che l'amico sia un tipo di persona, con proprietà generali e oggettive che altri potrebbero condividere; questo porta al problema della fungibilità. Risolvere il problema, potrebbe quindi sembrare, richiede in qualche modo superare questo preconcetto relativo alla giustificazione, un compito che nessuno ha tentato nella letteratura sull'amicizia.

(Per ulteriori discussioni su questo problema della fungibilità che si presenta nel contesto dell'amore, così come la discussione di un problema correlato relativo al fatto che l'oggetto (piuttosto che i motivi) dell'amore sia una persona particolare o un tipo di persona, vedere la Sezione 6 della voce sull'amore.)

2.2 Valore sociale

Un altro modo per interpretare la questione del valore dell'amicizia è in termini più sociali: qual è il vantaggio per la società di avere i suoi membri impegnati in rapporti di amicizia? Telfer (1970-1971, 238) risponde che l'amicizia promuove il bene generale "fornendo una laurea e un tipo di considerazione per il benessere degli altri che non può esistere al di fuori di esso". Blum (1980) concorda, sostenendo che l'amicizia è un'importante fonte di eccellenza morale proprio perché comporta essenzialmente la recitazione per il bene del tuo amico, un tipo di azione che può avere un notevole valore morale. (Per affermazioni simili, vedi Annis 1987.)

Cocking & Kennett (2000) contestano questa opinione secondo cui gli atti amichevoli di per sé sono moralmente buoni, sostenendo che “potrei essere un ottimo amico. Potrei non essere perfettamente morale”(287). Sostengono questa conclusione, nel loro racconto dell'amicizia come se fosse diretto e interpretato dall'amico, sostenendo che "ho la stessa probabilità di essere diretto dal tuo interesse nel gioco d'azzardo al casinò come dal tuo interesse per il balletto" (286). Tuttavia, Cocking & Kennett sembrano non essere sufficientemente sensibili all'idea, che accettano (cfr. 284), che gli amici si preoccupano di promuovere il benessere reciproco. Perché se mi preoccupo del tuo benessere e ti trovo in procinto di intraprendere un immorale corso d'azione, non dovrei, contrariamente a quanto suggerito da Cocking & Kennett, permetterti ciecamente di indurmi a unirmi a te; piuttosto,Dovrei cercare di fermarti o almeno farti mettere in dubbio se stai facendo la cosa giusta, a causa della mia direzione e interpretazione. In questo contesto, Koltonski (2016) sostiene che si dovrebbe assicurarsi che il proprio amico si impegni adeguatamente nella deliberazione morale, ma poi rinviare il giudizio del proprio amico su cosa fare, anche quando si è in disaccordo con la conclusione morale, poiché tale deferenza è un questione di rispettare correttamente l'agenzia morale dell'amico.poiché tale deferenza è una questione di rispetto adeguato dell'agire morale dell'amico.poiché tale deferenza è una questione di rispetto adeguato dell'agire morale dell'amico.

Queste risposte al valore sociale dell'amicizia sembrano applicarsi ugualmente bene all'amore: nella misura in cui l'amore implica essenzialmente sia una preoccupazione per la persona amata per se stessa, sia, di conseguenza, un'azione da parte sua per se stessa, l'amore mostrerà lo stesso valore sociale. Friedman (1989), tuttavia, sostiene che l'amicizia stessa è socialmente preziosa in un modo in cui l'amore non lo è. Comprendendo l'intimità dell'amicizia in termini di condivisione dei valori, Friedman osserva che l'amicizia può comportare il sostegno reciproco, in particolare, di valori non convenzionali, che possono essere un importante stimolo al progresso morale all'interno di una comunità. Perché "i nostri impegni con determinate persone sono, in pratica, necessari contrappesi ai nostri impegni di astrarre linee guida morali e, a volte, possono avere la precedenza su di esse" (6). Di conseguenza,l'istituzione dell'amicizia è preziosa non solo per gli individui ma anche per la comunità nel suo insieme.

3. Amicizia e teoria morale

Un crescente corpus di ricerche dalla metà degli anni '70 mette in discussione il rapporto tra il fenomeno dell'amicizia e particolari teorie morali. Pertanto, molti (Stocker 1976, 1981; Blum 1980, 1993; Wilcox 1987; Friedman 1989, 1993; Badhwar 1991; Cocking & Oakley 1995) hanno criticato le teorie consequenzialiste e deontologiche sulla base del fatto che sono in qualche modo incompatibili con l'amicizia e il tipo delle ragioni e dei motivi che l'amicizia fornisce. Spesso, l'appello all'amicizia ha lo scopo di aggirare le controversie tradizionali tra i principali tipi di teorie morali (consequenzialismo, deontologia ed etica della virtù), e quindi la "critica dell'amicizia" può sembrare particolarmente importante e interessante. [7]

Alla base di queste domande relative al rapporto tra amicizia e moralità c'è l'idea che l'amicizia comporta doveri speciali: doveri per persone specifiche che nascono dal rapporto di amicizia. Quindi, sembra che abbiamo l'obbligo di aiutare e sostenere i nostri amici che vanno ben oltre quelli che dobbiamo aiutare gli estranei perché sono nostri amici, proprio come noi genitori abbiamo doveri speciali di aiutare e sostenere i nostri figli perché sono nostri figli. Anzi, suggerisce Annis (1987), tali doveri "sono costitutivi della relazione" dell'amicizia (352; ma si veda Bernstein (2007) per un argomento secondo cui l'amicizia non implica alcun requisito di parzialità). Detto questo, si pone la questione di quale sia il rapporto tra tali doveri speciali di amicizia e altri doveri, in particolare doveri morali:i nostri doveri verso i nostri amici possono talvolta prevalere sui nostri doveri morali o dobbiamo sempre subordinare i nostri rapporti personali alla moralità per essere adeguatamente imparziali (come, si potrebbe pensare, la moralità richiede)?

Una preoccupazione in questo quartiere, articolato da Stocker (1976), è che il fenomeno dell'amicizia rivela che le teorie morali consequenzialiste e deontologiche, offrendo resoconti su ciò che è giusto fare indipendentemente dalle motivazioni che abbiamo, promuovono una sorta di morale schizofrenia”: una divisione tra le nostre ragioni morali da un lato e le nostre motivazioni dall'altro. Tale schizofrenia morale, sostiene Stocker, ci impedisce in generale di armonizzare le nostre ragioni morali e le nostre motivazioni, e lo fa in un modo che distrugge la possibilità stessa di avere e sostenere amicizie con gli altri. Dato il valore manifesto dell'amicizia nella nostra vita, questo è chiaramente un grave problema con queste teorie morali.

Cos'è l'amicizia che genera questi problemi? Una preoccupazione emerge dalla concezione teleologica dell'azione, implicita nel consequenzialismo, secondo la quale le azioni sono comprese in termini di fini o scopi. Il problema è che, sostiene Stocker (1981), le azioni caratteristiche dell'amicizia non possono essere comprese in questo modo. Essere un amico è almeno a volte essere motivato ad agire per una preoccupazione per il tuo amico come questo individuo (cfr. Sezione 1.1). Sebbene le azioni compiute per amicizia possano avere un fine, ciò che le definisce "atti amichevoli", come potremmo chiamarle, non è che vengano compiute per uno scopo particolare:

Se la recitazione per amicizia è composta da scopi, disposizioni per avere scopi e simili, laddove questi siano scopi propriamente detti, e quindi non essenzialmente descritti dalla frase "per amicizia", non sembra … non c'è garanzia che la persona si preoccupa e gli piace, ha amicizia per l '"amico". [Stocker 1981, 756–57]

Cioè, le azioni fatte per amicizia sono essenzialmente azioni motivate da un tipo speciale di preoccupazione - una preoccupazione per questa persona in particolare - che è in parte una questione di avere abitudini di risposta sistemate all'amico. Questo, conclude Stocker, è una sorta di motivazione all'azione che una concezione teleologica dell'azione non può sostenere, con conseguente schizofrenia morale. (Jeske (2008) sostiene una conclusione alquanto diversa: che per guarire questa apparente divisione tra obblighi morali imparziali e obblighi parziali di amicizia, dobbiamo abbandonare la distinzione tra obblighi morali e non morali).

Stocker (1976) solleva un'altra, più generale preoccupazione per il consequenzialismo e la deontologia derivanti da una concezione dell'amicizia. Pertanto, sebbene i consequenzialisti dell'atto - quelli che giustificano ogni atto in particolare facendo appello alla bontà delle conseguenze di quell'atto, concepiti impersonalmente (vedi la voce sul consequenzialismo) - potrebbero giustificare gli atti amichevoli, "non possono incarnare la loro ragione nel loro motivo" (1976, 70), perché essere motivati teleologicamente dalla preoccupazione di massimizzare la bontà non deve essere motivato dall'amicizia. Di conseguenza, entrambi i consequenzialisti devono esibire la schizofrenia morale o, per evitarlo, devono comprendere le ragioni consequenzialistiche affinché l'azione sia il nostro motivo. Tuttavia, poiché tali motivi consequenzialisti sono impersonali,prendere quest'ultima posizione significherebbe tralasciare il tipo di ragioni e motivi che sono fondamentali per l'amicizia, minando in tal modo l'istituzione stessa dell'amicizia. (Cfr. La discussione sulla giustificazione impersonale dell'amicizia e il problema della fungibilità nella sezione 2.1.)

Lo stesso vale, sostiene Stocker, del consequenzialismo delle regole (l'opinione secondo cui le azioni sono giuste se seguono principi o regole che tendono a sfociare nel complesso nel migliore dei modi, concepiti in modo impersonale, vedi la voce sul consequenzialismo delle regole) e sulla deontologia considera che le azioni sono giuste nel caso in cui siano conformi a determinate regole o principi che sono vincolanti per tutti gli agenti morali). Infatti, anche se il consequenzialismo e la deontologia della regola possono fornire ragioni morali per azioni amichevoli in termini di regola secondo cui uno deve andare a beneficio dei propri amici, ad esempio, tali ragioni sarebbero impersonali, senza dare alcuna considerazione speciale ai nostri particolari amici. Se vogliamo evitare la schizofrenia morale e incarnare questa ragione nei nostri motivi di azione, non potremmo, quindi, agire per amicizia, per preoccupazione dei nostri amici. Ciò significa che qualsiasi consequenzialista o deontologo che evita la schizofrenia morale può agire in modo da favorire i suoi amici, ma tali azioni sarebbero semplicemente come amichevoli, non sinceramente amichevoli, e lei non potrebbe quindi avere e sostenere autentiche amicizie. L'unica alternativa è dividere le sue ragioni morali e le sue motivazioni per atti amichevoli, diventando così schizofrenico. (Per alcune discussioni sul fatto che tale schizofrenia morale sia davvero così grave come pensa Stocker, vedi Woodcock 2010. Per preoccupazioni simili a Stocker su teorie morali imparziali e motivazione per l'azione derivante da una considerazione di relazioni personali come l'amicizia, vedi Williams 1981.)non sinceramente amichevole, e quindi non poteva avere e sostenere autentiche amicizie. L'unica alternativa è dividere le sue ragioni morali e le sue motivazioni per atti amichevoli, diventando così schizofrenico. (Per alcune discussioni sul fatto che tale schizofrenia morale sia davvero così grave come pensa Stocker, vedi Woodcock 2010. Per preoccupazioni simili a Stocker su teorie morali imparziali e motivazione per l'azione derivante da una considerazione di relazioni personali come l'amicizia, vedi Williams 1981.)non sinceramente amichevole, e quindi non poteva avere e sostenere autentiche amicizie. L'unica alternativa è dividere le sue ragioni morali e le sue motivazioni per atti amichevoli, diventando così schizofrenico. (Per alcune discussioni sul fatto che tale schizofrenia morale sia davvero così grave come pensa Stocker, vedi Woodcock 2010. Per preoccupazioni simili a Stocker su teorie morali imparziali e motivazione per l'azione derivante da una considerazione di relazioni personali come l'amicizia, vedi Williams 1981.)Per preoccupazioni simili a quelle di Stocker sulle teorie morali imparziali e la motivazione all'azione derivante da una considerazione di relazioni personali come l'amicizia, vedi Williams 1981.)Per preoccupazioni simili a quelle di Stocker sulle teorie morali imparziali e la motivazione all'azione derivante da una considerazione di relazioni personali come l'amicizia, vedi Williams 1981.)

Blum (1980) (parti delle quali sono ristampate con lievi modifiche in Blum 1993) e Friedman (1993), raccolgono questo contrasto tra l'imparzialità del consequenzialismo e deontologia e l'intrinseca parzialità dell'amicizia, e discutono più direttamente per un rifiuto di tali teorie morali. Conseguenzialisti e deontologi devono pensare che relazioni come l'amicizia comportino essenzialmente una sorta di particolare preoccupazione per l'amico e che tali relazioni richiedono quindi che le proprie azioni mostrino una sorta di parzialità nei confronti dell'amico. Di conseguenza, sostengono, queste teorie morali imparziale devono comprendere l'amicizia per essere intrinsecamente di parte e quindi non per essere intrinsecamente morale. Piuttosto,tali teorie morali possono solo affermare che prendersi cura di un altro "in un modo totalmente moralmente appropriato" richiede prendersi cura di lui "semplicemente come un essere umano, cioè indipendente da qualsiasi connessione o attaccamento speciale che uno ha con lui" (Blum 1993, 206). È questa affermazione che Blum e Friedman negano: sebbene tale preoccupazione universalista abbia sicuramente un posto nella teoria morale, il valore - anzi il valore morale (cfr. Sezione 2.2) - dell'amicizia non può essere adeguatamente apprezzato se non per il fatto di interessare un altro per per amor suo e come persona particolare che è. Pertanto, sostengono, nella misura in cui il consequenzialismo e la deontologia non sono in grado di riconoscere il valore morale dell'amicizia, non possono essere teorie morali adeguate e dovrebbero essere respinte a favore di alcune alternative. È questa affermazione che Blum e Friedman negano: sebbene tale preoccupazione universalista abbia sicuramente un posto nella teoria morale, il valore - anzi il valore morale (cfr. Sezione 2.2) - dell'amicizia non può essere adeguatamente apprezzato se non per il fatto di interessare un altro per per amor suo e come persona particolare che è. Pertanto, sostengono, nella misura in cui il consequenzialismo e la deontologia non sono in grado di riconoscere il valore morale dell'amicizia, non possono essere teorie morali adeguate e dovrebbero essere respinte a favore di alcune alternative. È questa affermazione che Blum e Friedman negano: sebbene tale preoccupazione universalista abbia sicuramente un posto nella teoria morale, il valore - anzi il valore morale (cfr. Sezione 2.2) - dell'amicizia non può essere adeguatamente apprezzato se non per il fatto di interessare un altro per per amor suo e come persona particolare che è. Pertanto, sostengono, nella misura in cui il consequenzialismo e la deontologia non sono in grado di riconoscere il valore morale dell'amicizia, non possono essere teorie morali adeguate e dovrebbero essere respinte a favore di alcune alternative.nella misura in cui il consequenzialismo e la deontologia non sono in grado di riconoscere il valore morale dell'amicizia, non possono essere teorie morali adeguate e dovrebbero essere respinte a favore di qualche alternativa.nella misura in cui il consequenzialismo e la deontologia non sono in grado di riconoscere il valore morale dell'amicizia, non possono essere teorie morali adeguate e dovrebbero essere respinte a favore di alcune alternative.

In risposta, Railton (1984) distingue tra consequenzialismo soggettivo e oggettivo, sostenendo che questa "critica dell'amicizia" di Stocker e Blum (così come Friedman) riesce solo contro il consequenzialismo soggettivo. (Vedi Mason (1998) per ulteriori elaborazioni di questo argomento, e vedi Sadler (2006) per una risposta alternativa.) Il consequenzialismo soggettivo è l'opinione che ogni volta che affrontiamo una scelta di azioni, dovremmo entrambi giustificare moralmente un determinato corso d'azione e essere motivato ad agire di conseguenza direttamente dal pertinente principio consequenzialista (se ciò che quel principio valuta sono azioni particolari o regole di azione). Cioè, nel comportarsi come si dovrebbe, le motivazioni soggettive dei propri dovrebbero provenire da quelle ragioni morali:perché questa azione promuove il bene (o è conforme alla regola che tende a promuovere il bene). Chiaramente, Stocker, Blum e Friedman hanno ragione nel pensare che il consequenzialismo soggettivo non possa accogliere adeguatamente i motivi dell'amicizia.

Al contrario, sostiene Railton, il consequenzialismo oggettivo nega che esista una connessione così stretta tra la giustificazione oggettiva di una situazione in termini di conseguenze e le motivazioni dell'agente nella recitazione: la giustificazione morale di una determinata azione è una cosa (e essere intrapreso in termini consequenzialisti), ma i motivi di tale azione possono essere completamente separati. Ciò significa che il consequenzialista oggettivo può riconoscere correttamente che a volte i migliori stati di cose derivano non solo dall'intraprendere determinati comportamenti, ma dall'impegnarli con determinati motivi, compresi i motivi che sono essenzialmente personali. In particolare, sostiene Railton, il mondo sarebbe un posto migliore se ognuno di noi avesse delle disposizioni per agire in modo da beneficiare i nostri amici per una preoccupazione per il loro bene (e non per il bene generale). Così,per motivi consequenzialisti ognuno di noi ha ragioni morali per inculcare una tale disposizione alla cordialità, e quando arriva il momento in cui tale disposizione sarà impegnata, in modo che siamo motivati ad agire per una preoccupazione per i nostri amici piuttosto che per un impersonale, imparziale preoccupazione per il bene superiore.[8] Inoltre, non vi è alcuna divisione tra le nostre ragioni morali di azione e le nostre motivazioni perché tali ragioni possono in alcuni casi (come quella di un atto amichevole) richiedere che nella recitazione agiamo per il tipo appropriato di motivo. Quindi la critica dell'amicizia di Stocker, Blum e Friedman fallisce. [9]

Badhwar (1991) pensa che persino il consequenzialismo più sofisticato di Railton alla fine non riesca ad accogliere il fenomeno dell'amicizia e che la schizofrenia morale rimanga. Perché, sostiene, un sofisticato consequenzialista deve sia valutare l'amico per amore dell'amico (per essere un amico del tutto) che valutare l'amico solo fintanto che ciò è coerente con la promozione del più buono in generale (per essere un consequenzialista).

Come amica consequenzialista non schizofrenica, non auto-ricevuta, deve mettere insieme i due pensieri. E i due pensieri sono logicamente incompatibili. Per essere coerente, deve pensare: "Come amico consequenzialista, attribuisco un valore speciale a te così a lungo, ma solo a lungo, poiché valutare te promuove così il bene complessivo". … La sua struttura motivazionale, in altre parole, è strumentale e quindi logicamente incompatibile con la struttura logica richiesta per la fine dell'amicizia. [493]

Badhwar sta qui alludendo a un caso di Railton in cui, senza colpa tua o di quella del tuo amico, l'azione giusta in base al consequenzialismo è quella di sacrificare la tua amicizia per il bene superiore. In tal caso, il sofisticato consequenzialista deve giungere a questa conclusione "valutare i beni intrinseci [dell'amicizia] e le loro virtù facendo riferimento a uno standard esterno a loro" -i, facendo riferimento al bene generale in quanto concepito da un impersonale punto di vista (496). Tuttavia, sostiene Badhwar, il valore dell'amicizia è qualcosa che possiamo apprezzare solo da un punto di vista personale,cosicché la giustezza morale delle azioni amichevoli deve essere valutata solo facendo appello a una relazione essenzialmente personale in cui agiamo per il bene dei nostri amici e non per il bene di produrre il più buono in generale e nell'indifferenza a questo particolare rapporto personale. Pertanto, il consequenzialismo sofisticato, a causa della sua natura impersonale, ci rende ciechi al valore di particolari amicizie e alle ragioni morali che forniscono per agire per amicizia, che possono essere adeguatamente apprezzati solo dal punto di vista personale. In tal modo, il consequenzialismo sofisticato mina ciò che distingue l'amicizia in quanto tale. Il problema è ancora una volta una divisione tra ragioni consequenzialiste e motivazioni amichevoli: una specie di schizofrenia morale.a causa della sua natura impersonale, ci rende ciechi al valore di particolari amicizie e alle ragioni morali che forniscono per agire per amicizia, che possono essere adeguatamente apprezzati solo dal punto di vista personale. In tal modo, il consequenzialismo sofisticato mina ciò che distingue l'amicizia in quanto tale. Il problema è ancora una volta una divisione tra ragioni consequenzialiste e motivazioni amichevoli: una specie di schizofrenia morale.a causa della sua natura impersonale, ci rende ciechi al valore di particolari amicizie e alle ragioni morali che forniscono per agire per amicizia, che possono essere adeguatamente apprezzati solo dal punto di vista personale. In tal modo, il consequenzialismo sofisticato mina ciò che distingue l'amicizia in quanto tale. Il problema è ancora una volta una divisione tra ragioni consequenzialiste e motivazioni amichevoli: una specie di schizofrenia morale. Il problema è ancora una volta una divisione tra ragioni consequenzialiste e motivazioni amichevoli: una specie di schizofrenia morale. Il problema è ancora una volta una divisione tra ragioni consequenzialiste e motivazioni amichevoli: una specie di schizofrenia morale.

A questo punto potrebbe sembrare che la corretta risposta consequenzialista a questa linea di critica sia quella di rifiutare di accettare l'affermazione secondo cui una giustificazione morale del valore dell'amicizia e delle azioni amichevoli deve essere personale: il bene dell'amicizia e il bene che le azioni amichevoli promuovono, dovrebbe dire un consequenzialista, sono cose che dobbiamo essere in grado di comprendere in termini impersonali o che non entrerebbero in una giustificazione propriamente morale della giustezza dell'azione. Poiché i consequenzialisti sofisticati concordano sul fatto che la motivazione fuori dall'amicizia deve essere personale, devono rifiutare l'idea che le ragioni morali finali per agire in questi casi siano le tue motivazioni, respingendo così l'internalismo motivazionale relativamente debole che è implicito nella critica all'amicizia (per motivazioni deboli interiorismo, vedi la voce sul cognitivismo morale vs.non cognitivismo, e in particolare la sezione sull'interiorismo motivazionale e il carattere guida dei giudizi morali). In effetti, questa sembra essere la strategia di Railton nell'articolare il suo consequenzialismo oggettivo: essere una brava persona significa agire secondo le modalità moralmente giuste (giustificate dal consequenzialismo) e quindi avere, a conti fatti, motivazioni che tendono a produrre la giusta azione, anche se in alcuni casi (compresi quelli dell'amicizia) queste motivazioni non devono, anzi, non possono avere in vista la giustificazione consequenzialista. (Per ulteriori elaborazioni di questa strategia in risposta diretta a Badhwar 1991, vedi Conee 2001 e Card 2004; per una difesa di Railton in opposizione all'elaborazione di sofisticato consequenzialismo di Card, vedi Tedesco 2006.)e in particolare la sezione sull'internalismo motivazionale e il carattere guida delle azioni dei giudizi morali). In effetti, questa sembra essere la strategia di Railton nell'articolare il suo consequenzialismo oggettivo: essere una brava persona significa agire secondo le modalità moralmente giuste (giustificate dal consequenzialismo) e quindi avere, a conti fatti, motivazioni che tendono a produrre la giusta azione, anche se in alcuni casi (compresi quelli dell'amicizia) queste motivazioni non devono, anzi, non possono avere in vista la giustificazione consequenzialista. (Per ulteriori elaborazioni di questa strategia in risposta diretta a Badhwar 1991, vedi Conee 2001 e Card 2004; per una difesa di Railton in opposizione all'elaborazione di sofisticato consequenzialismo di Card, vedi Tedesco 2006.)e in particolare la sezione sull'internalismo motivazionale e il carattere guida delle azioni dei giudizi morali). In effetti, questa sembra essere la strategia di Railton nell'articolare il suo consequenzialismo oggettivo: essere una brava persona significa agire secondo le modalità moralmente giuste (giustificate dal consequenzialismo) e quindi avere, a conti fatti, motivazioni che tendono a produrre la giusta azione, anche se in alcuni casi (compresi quelli dell'amicizia) queste motivazioni non devono, anzi, non possono avere in vista la giustificazione consequenzialista. (Per ulteriori elaborazioni di questa strategia in risposta diretta a Badhwar 1991, vedi Conee 2001 e Card 2004; per una difesa di Railton in opposizione all'elaborazione di sofisticato consequenzialismo di Card, vedi Tedesco 2006.)essere una brava persona significa agire nei modi moralmente giusti (giustificati dal consequenzialismo) e quindi avere, a conti fatti, motivazioni che tendono a produrre la giusta azione, anche se in certi casi (compresi quelli dell'amicizia) queste motivazioni non devono- invero non si può avere in vista la giustificazione consequenzialista. (Per ulteriori elaborazioni di questa strategia in risposta diretta a Badhwar 1991, vedi Conee 2001 e Card 2004; per una difesa di Railton in opposizione all'elaborazione di sofisticato consequenzialismo di Card, vedi Tedesco 2006.)essere una brava persona significa agire nei modi moralmente giusti (giustificati dal consequenzialismo) e quindi avere, a conti fatti, motivazioni che tendono a produrre la giusta azione, anche se in certi casi (compresi quelli dell'amicizia) queste motivazioni non devono- invero non si può avere in vista la giustificazione consequenzialista. (Per ulteriori elaborazioni di questa strategia in risposta diretta a Badhwar 1991, vedi Conee 2001 e Card 2004; per una difesa di Railton in opposizione all'elaborazione di sofisticato consequenzialismo di Card, vedi Tedesco 2006.)(Per ulteriori elaborazioni di questa strategia in risposta diretta a Badhwar 1991, vedi Conee 2001 e Card 2004; per una difesa di Railton in opposizione all'elaborazione di sofisticato consequenzialismo di Card, vedi Tedesco 2006.)(Per ulteriori elaborazioni di questa strategia in risposta diretta a Badhwar 1991, vedi Conee 2001 e Card 2004; per una difesa di Railton in opposizione all'elaborazione di sofisticato consequenzialismo di Card, vedi Tedesco 2006.)

Ciò significa che il dibattito in questione nella critica dell'amicizia al consequenzialismo deve essere portato avanti in parte a livello di discussione sulla natura della motivazione e sulla connessione tra ragioni e motivi morali. In effetti, una tale discussione ha implicazioni su come dovremmo costruire il tipo di cura reciproca che è centrale per l'amicizia. Poiché il sofisticato consequenzialista avrebbe presumibilmente cercato di precisare che la cura reciproca in termini di disposizioni amichevoli (motivazioni divorziate da ragioni consequenzialiste), un tentativo che i sostenitori della critica dell'amicizia direbbero implica un'attenzione insufficiente per la persona particolare a cui si tiene, nella misura in cui il la cura non sarebbe giustificata da chi è (motivi informati da motivi personali).

La discussione sull'amicizia e le teorie morali si è finora concentrata sulla natura della ragione pratica. Un dibattito simile si concentra sulla natura del valore. Scanlon (1998) usa l'amicizia per discutere contro ciò che chiama concezioni teleologiche dei valori presupposti dal consequenzialismo. La visione teleologica comprende che gli stati delle cose hanno un valore intrinseco e il nostro riconoscimento di tale valore ci fornisce le ragioni per mettere in atto tali stati di cose e per sostenerli e promuoverli. Scanlon sostiene che l'amicizia implica tipi di ragioni - per esempio la lealtà - non sono teleologiche in questo modo, e quindi il valore dell'amicizia non si adatta alla concezione teleologica e quindi non può essere adeguatamente riconosciuto dal consequenzialismo. Nel rispondere a questo argomento,Hurka (2006) sostiene che questa argomentazione presuppone una concezione del valore dell'amicizia (come qualcosa che dovremmo rispettare oltre che promuovere) che è in contrasto con la concezione teleologica del valore e quindi con le concezioni teleologiche dell'amicizia. Di conseguenza, il dibattito deve passare alla domanda più generale sulla natura del valore e non può essere svolta semplicemente dedicandosi all'amicizia.

Queste conclusioni che dobbiamo rivolgere a questioni più ampie se vogliamo sistemare il posto che l'amicizia ha nella moralità rivelano che in un certo senso la critica dell'amicizia ha fallito: non è riuscita a far finire i dibattiti tradizionali tra consequenzialisti, deontologi e virtù I teorici. Tuttavia, in senso lato, ha avuto successo: ha costretto queste teorie morali a prendere sul serio le relazioni personali e, di conseguenza, a perfezionare e complicare i loro resoconti nel processo.

Bibliografia

  • Alfano, M., 2016, “Amicizia e struttura della fiducia”, in A. Masala e J. Webber (a cura di), Dalla personalità alla virtù, Oxford: Oxford University Press, 186–206.
  • Anna, J., 1977, "Platone e Aristotele sull'amicizia e l'altruismo", Mente, 86: 532–54.
  • –––, 1988, “L'amore di sé in Aristotele”, Southern Journal of Philosophy (Supplemento), 7: 1–18.
  • Annis, DB, 1987, “Il significato, il valore e i doveri dell'amicizia”, American Philosophical Quarterly, 24: 349–56.
  • Badhwar, NK, 1987, “Gli amici finiscono in se stessi”, Filosofia e ricerca fenomenologica, 48: 1–23.
  • –––, 1991, “Perché è sbagliato essere sempre guidati dai migliori: consequenzialismo e amicizia”, Etica, 101: 483–504.
  • –––, (a cura di), 1993, Friendship: A Philosophical Reader, Ithaca, NY: Cornell University Press.
  • –––, 2003, “Love”, in H. LaFollette (a cura di), Practical Ethics, Oxford: Oxford University Press, 42–69.
  • Bernstein, M, 2007, “Amici senza favortismo”, Journal of Value Inquiry, 41: 59–76.
  • Blum, Los Angeles, 1980, Amicizia, Altruismo e Moralità, Londra: Routledge e Kegan Paul.
  • –––, 1993, “L'amicizia come fenomeno morale”, in Badhwar (1993), 192–210.
  • Bratman, ME, 1999, Volti d'intenzione: saggi selezionati su intenzioni e agenzia, Cambridge: Cambridge University Press.
  • Brink, DO, 1999, “Eudaimonismo, amore e amicizia e comunità politica”, Filosofia sociale e politica, 16: 252–289.
  • Card, RF, 2004, "Conseguenzialismo, teleologia e la nuova critica dell'amicizia", Pacific Philosophical Quarterly, 85: 149–72.
  • Cocking, D. & Kennett, J., 1998, “Amicizia e sé”, Etica, 108: 502–27.
  • –––, 2000, “Amicizia e pericolo morale”, Journal of Philosophy, 97: 278–96.
  • Cocking, D. & Oakley, J., 1995, "Conseguenzialismo indiretto, amicizia e il problema dell'alienazione", Etica, 106: 86-111.
  • Collins, S., 2013, “Doveri per fare amicizia”, Teoria etica e pratica morale, 16: 907–21.
  • Conee, E., 2001, "Amicizia e consequenzialismo", Australasian Journal of Philosophy, 79: 161–79.
  • Cooper, JM, 1977a, "Aristotele sulle forme dell'amicizia", Review of Metaphysics, 30: 619–48.
  • –––, 1977b, “Amicizia e bene in Aristotele”, Revisione filosofica, 86: 290–315.
  • Friedman, MA, 1989, “Amicizia e crescita morale”, Journal of Value Inquiry, 23: 3–13.
  • –––, 1993, a cosa servono gli amici? Prospettive femministe su relazioni personali e teoria morale, Itaca, New York: Cornell University Press.
  • –––, 1998, “Amore romantico e autonomia personale”, Midwest Studies in Philosophy, 22: 162–81.
  • Grunebaum, JO, 2005, “Amicizie per il bel tempo”, Journal of Value Inquiry, 39: 203–14.
  • Gilbert, M., 1996, Vivere insieme: razionalità, socialità e obbligo, Rowman & Littlefield.
  • –––, 2000, Socialità e responsabilità: nuovi saggi sulla teoria dei soggetti plurali, Rowman e Littlefield.
  • –––, 2006, A Theory of Political Obligation: Membership, Commitment and the Bonds of Society, Oxford: Oxford University Press.
  • Helm, B., 2008, “Plural Agents”, Noûs, 42: 17–49.
  • Hoffman, E., 1997, “Love as a Kind of Friendship”, in Sex, Love, and Friendship: Studies of the Society for the Philosophy of Sex and Love 1977–92, Amsterdam: Rodopi, 109-119.
  • Hurka, T., 2006, “Valore e amicizia: una visione più sottile”, Utilitas, 18: 232–42.
  • Jeske, D., 1997, “Amicizia, virtù e imparzialità”, Filosofia e ricerca fenomenologica, 57: 51–72.
  • –––, 2008, “Amicizia e motivi della motivazione”, Les Ateliers de l'Ethique, 3: 61–69.
  • Kawall, J., 2013, “Amicizia e norme epistemiche”, Studi filosofici, 165: 349–70.
  • Keller, S., 2000, “Come ti amo? Lasciami contare le proprietà”, American Philosophical Quarterly, 37: 163–73.
  • –––, 2007, The Limits of Loyalty, New York: Cambridge University Press.
  • Koltonski, D., 2016. “Un buon amico ti aiuterà a muovere un corpo: l'amicizia e il problema del disaccordo morale”, Revisione filosofica, 125: 473–507.
  • Liddell, HG, Scott, R., Jones, HS, & McKenzie, R., 1940, Lessico greco-inglese, Oxford: Clarendon Press, 9 ° ed.
  • Lynch, S., 2005, Filosofia e amicizia, Edimburgo: Edinburgh University Press.
  • Mason, E., 1998, "Può un consequenzialista indiretto essere un vero amico?", Etica, 108: 386–93.
  • Millgram, E., 1987, “Aristotele sul fare altri sé”, Canadian Journal of Philosophy, 17: 361–76.
  • Nehamas, A., 2010, “Il bene dell'amicizia”, Atti della Società aristotelica, 110: 267–94.
  • Nozick, R., 1989, "Love's Bond", in The Examined Life: Philosophical Meditations, Simon & Schuster, 68–86.
  • Railton, P., 1984, “Alienazione, consequenzialismo e le esigenze della moralità”, Filosofia e affari pubblici, 13: 134–71.
  • Rorty, AO, 1986/1993, "La storicità degli atteggiamenti psicologici: l'amore non è amore che non si altera quando trova l'alterazione", in Badhwar (1993), 73–88.
  • Sadler, B., 2006, “Amore, amicizia, moralità”, Forum filosofico, 37: 243–63.
  • Scanlon, TM, 1998, Quello che dobbiamo l'un l'altro, Cambridge, MA: Harvard University Press.
  • Schoeman, F., 1985, "Aristotele sul bene dell'amicizia", Australasian Journal of Philosophy, 63: 269–82.
  • Searle, JR, 1990, "Intenzioni e azioni collettive", in PR Cohen, ME Pollack e JL Morgan (a cura di), Intentions in Communication, Cambridge, MA: MIT Press, 401–15.
  • Sherman, N., 1987, “Aristotele sull'amicizia e la vita condivisa”, Filosofia e ricerca fenomenologica, 47: 589–613.
  • Stocker, M., 1976, “La schizofrenia delle moderne teorie etiche”, Journal of Philosophy, 73: 453–66.
  • –––, 1981, “Valori e scopi: i limiti della teleologia e le estremità dell'amicizia”, Journal of Philosophy, 78: 747–65.
  • Stroud, S., 2006, "Parzialità epistemica nell'amicizia", Etica, 116: 498–524.
  • Taylor, G., 1985, Pride, Shame e Guilt: Emotions of Self Assessment, Oxford: Oxford University Press.
  • Tedesco, M., 2006, "Conseguenzialismo indiretto, subottimalità e amicizia", Pacific Philosophical Quarterly, 87: 567–77.
  • Telfer, E., 1970–71, "Amicizia", Atti della Società aristotelica, 71: 223–41.
  • Thomas, L., 1987, “Friendship”, Synthese, 72: 217–36.
  • –––, 1989, “Friends and Lovers”, in G. Graham e H. LaFollette (a cura di), Persona a persona, Filadelfia, Pennsylvania: Temple University Press, 182–98.
  • –––, 1993, “Amicizia e altri amori”, in Badhwar (1993), 48–64.
  • –––, 2013, “The Character of Friendship”, in Pensando all'amicizia: prospettive storiche e contemporanee, Damian Caluori (ed.), New York: Palgrave Macmillan, 30–46.
  • Tuomela, R., 1995, The Importance of Us: A Philosophical Study of Basic Social Noions, Stanford, CA: Stanford University Press.
  • –––, 2007, The Philosophy of Sociality: The Shared Point of View, Oxford: Oxford University Press.
  • Velleman, J. David, 1999. “L'amore come un'emozione morale”, Etica, 109: 338–74.
  • White, RJ, 1999a, “Amicizia: antica e moderna”, International Philosophical Quarterly, 39: 19–34.
  • –––, 1999b, “Amicizia e impegno”, Journal of Value Inquiry, 33: 79–88.
  • –––, 2001, Love's Philosophy, Rowman & Littlefield.
  • Whiting, JE, 1986, “Amici e sé futuri”, Revisione filosofica, 95: 547–80.
  • –––, 1991, “Impersonal Friends”, Monist, 74: 3–29.
  • Wilcox, WH, 1987, “Egoisti, consequenzialisti e loro amici”, Filosofia e affari pubblici, 16: 73–84.
  • Williams, B., 1981, "Persone, personaggio e moralità", in Moral Luck, Cambridge: Cambridge University Press, 1–19.
  • Woodcock, S., 2010, “Schizofrenia morale e il paradosso dell'amicizia”, Utilitas, 22: 1–25.

Strumenti accademici

icona dell'uomo sep
icona dell'uomo sep
Come citare questa voce.
icona dell'uomo sep
icona dell'uomo sep
Visualizza l'anteprima della versione PDF di questa voce presso Friends of the SEP Society.
icona di inpho
icona di inpho
Cerca questo argomento nell'Internet Philosophy Ontology Project (InPhO).
icona di documenti phil
icona di documenti phil
Bibliografia avanzata per questa voce su PhilPapers, con collegamenti al suo database.

Altre risorse Internet

  • Aristotele, etica nicomachea, tradotto da WD Ross.
  • Moseley, A., 'Philosophy of Love', nell'Internet Encyclopedia of Philosophy.
  • Doyle, ME and Smith, MK, 2002, "Amicizia: teoria ed esperienza", nell'enciclopedia dell'educazione informale, ospitata dall'educazione informale e dall'apprendimento permanente.

Raccomandato: