Marco Aurelio

Sommario:

Marco Aurelio
Marco Aurelio

Video: Marco Aurelio

Video: Marco Aurelio
Video: Ministro Marco Aurélio Mello se aposenta do STF 2024, Marzo
Anonim

Navigazione di entrata

  • Contenuto dell'iscrizione
  • Bibliografia
  • Strumenti accademici
  • Anteprima PDF di amici
  • Informazioni sull'autore e sulla citazione
  • Torna in cima

Marco Aurelio

Pubblicato per la prima volta lunedì 29 novembre 2010; revisione sostanziale ven 22 dic 2017

L'imperatore romano Marco Aurelio del II secolo d. C. era anche un filosofo stoico e le sue meditazioni, che scrisse a se stesso, offrono ai lettori l'opportunità unica di vedere come una persona antica (anzi un imperatore) potrebbe provare a vivere una vita stoica, in base al quale solo la virtù è buona, solo il vizio è cattivo, e le cose con cui normalmente ci occupiamo sono tutte indifferenti alla nostra felicità (poiché le nostre vite non sono rese buone o cattive dal nostro avere o mancare). Le difficoltà che Marcus affronta nel mettere in pratica lo stoicismo sono sia filosofiche che pratiche e la comprensione dei suoi sforzi aumenta il nostro apprezzamento filosofico dello stoicismo.

  • 1. Vita e opere

    1.1 Il carattere delle meditazioni

  • 2. Vivere Stoically

    2.1 Il problema del contenuto deliberativo: il buono, il brutto e l'indifferente

  • 3. Giustizia: agire per il bene della Cosmopolis
  • 4. Pietà: accogliere ciò che accade come parte del tutto

    • 4.1 Provvidenza o atomi?
    • 4.2 Cancella impressioni
  • 5. conclusione
  • Bibliografia

    • Letteratura primaria
    • Letteratura secondaria
  • Strumenti accademici
  • Altre risorse Internet
  • Voci correlate

1. Vita e opere

Nato nel 121 d. C. e ampiamente istruito in retorica e filosofia, Marco Aurelio succedette al padre adottivo Antonino Pio come imperatore di Roma nel 161 d. C. e regnò fino alla sua morte nel 180. Il suo regno fu turbato da attacchi dalla Germania, ribellioni nel nord Italia e L'Egitto e uno scoppio della peste; almeno una parte dell'opera per cui è famoso, le Meditazioni, è stata scritta durante gli ultimi anni delle sue campagne militari. Oltre alle meditazioni, le opere esistenti di Marcus includono alcuni editti, lettere ufficiali e una corrispondenza privata, tra cui una lunga corrispondenza con il suo insegnante di retorica e amico permanente, Fronto. [1]La corrispondenza privata iniziò prima che Marcus avesse vent'anni e continuò nei suoi anni imperiali. Comprende quelli che sembrano esercizi retorici (ad esempio pezzi in lode del sonno, fumo e polvere) scritti quando Marcus aveva ancora vent'anni, uno scambio sul valore o il disvalore della retorica alla filosofia scritto poco dopo che Marcus divenne Imperatore, e in tutto, informazioni personali, spesso riguardanti malattie, nascite e decessi nella sua stessa famiglia.

La principale influenza filosofica di Marco fu Stoico: nel libro I delle Meditazioni, registra la sua gratitudine al suo insegnante stoico e all'amico Rustico per avergli dato Epitteto da leggere, e in una lettera scritta a Fronto tra 145 e 147, riferisce di aver letto il 3 ° c. BCE Stoico Aristo greco di Chios e trovando intensa gioia nei suoi insegnamenti, vergognandosi delle proprie mancanze e rendendosi conto che non potrà mai più discutere argomenti opposti della stessa domanda, come richiesto dalla pratica retorica. L'influenza stoica, tuttavia, non impedisce a Marcus di citare con approvazione Epicuro su questioni etiche (come anche Seneca); oltre a Epitteto ed Epicuro, Marco cita liberamente da figure come Antistene, Crisippo, Democrito, Euripide, Eraclito, Omero e Platone. Dal Libro I delle Meditazioni apprendiamo anche che gli eroi politici di Marcus includevano avversari repubblicani della regalità: ringrazia suo fratello adottivo Severus non solo per esemplificare l'amore per la giustizia e la visione di una costituzione basata sull'uguaglianza davanti alla legge, ma anche per la conoscenza di Bruto (assassino di Giulio Cesare), Catone, Dion (probabilmente di Prusa), (Publio) Thrasea e Helvidius (i.14). In consonanza con ciò, si ammonisce di fare in modo che non diventi "Cesarificato" (cioè si comporta come un dittatore, vi.30).e Helvidius (i.14). In consonanza con ciò, si ammonisce di fare in modo che non diventi "Cesarificato" (cioè si comporta come un dittatore, vi.30).e Helvidius (i.14). Coerentemente con questo, si ammonisce di fare in modo che non diventi "Cesarificato" (cioè, agisce come un dittatore, vi.30).

1.1 Il carattere delle meditazioni

Le meditazioni di Marcus sono molto diverse dagli altri antichi testi filosofici greci e romani. Al di fuori del Libro I, che riconosce vari parenti e insegnanti per aver beneficiato Marcus essendo esemplari di qualche virtù o portatori di qualche utile lezione (e conclude riconoscendo gli dei per avergli fornito tali esemplari e con altre circostanze favorevoli al suo sviluppo morale), è difficile persino dire come sia organizzata l'opera, ad esempio se l'ordine dei libri e dei capitoli è la prova dell'ordine degli eventi nella vita di Marcus o segue un ordine logico o d'attualità, o se le divisioni dei capitoli riflettono interruzioni in Marcus ' pensato. Marcus ritorna insistentemente su questioni che devono essere sorte dalle sue esperienze, come l'imminenza della morte e la sua irritazione per le colpe dei suoi associati. La nostra preoccupazione perenne su questi argomenti, il dono di Marcus per immagini vivide e l'apparente estraibilità delle singole frasi dal testo, data la sua mancanza di struttura chiara, hanno contribuito a rendere Marcus uno dei più citabili filosofi. Ma il lettore che vuole capire il pensiero di Marcus nel suo insieme è destinato a sentirsi frustrato; a volte leggere Marcus è come leggere le frasi di sentenziosità date alle polonie di Amleto. I trattamenti filosofici di Marcus devono portare la propria struttura al lavoro. Ma il lettore che vuole capire il pensiero di Marcus nel suo insieme è destinato a sentirsi frustrato; a volte leggere Marcus è come leggere le frasi di sentenziosità date alle polonie di Amleto. I trattamenti filosofici di Marcus devono portare la propria struttura al lavoro. Ma il lettore che vuole capire il pensiero di Marcus nel suo insieme è destinato a sentirsi frustrato; a volte leggere Marcus è come leggere le frasi di sentenziosità date alle polonie di Amleto. I trattamenti filosofici di Marcus devono portare la propria struttura al lavoro.

Potremmo iniziare con il genere dell'opera. La prima grande evidenza di Marco Aurelio Meditazioni nell'antichità è di Temistio nel 4 ° c. CE, che lo definisce Marcus "precetti" (parangelmata); nel 900, il dizionario di Suidas lo definisce un protagonista o una regia (agôgê) e il vescovo del X secolo Arethas lo chiama "gli scritti" (ta eis heauton). [2]Gli studiosi ora concordano generalmente (dopo Brunt 1974) che Marcus scrisse per il proprio miglioramento morale, per ricordare a se stesso e rendere concrete le dottrine stoiche che voleva vivere, come ad esempio che il mondo è governato dalla Provvidenza; che la felicità sta nella virtù, che è interamente nel proprio potere; e che uno non dovrebbe essere arrabbiato con i propri associati ma considerarli come fratelli, progenie dello stesso Dio. Mentre non abbiamo altri esempi di questo tipo di scrittura privata dall'antichità, abbiamo il consiglio di Epictetus di scrivere (e provare) quotidianamente il tipo di risposte che si dovrebbero avere a situazioni che si incontrano, in modo che si possa tenerli a portata di mano (procheiron) quando le circostanze lo richiedono (Epictetus Discourses i.1.21–25, iv.1.111; cfr. iii.5.11, iii.26.39 sul miglioramento morale essendo l'obiettivo appropriato di leggere e scrivere). E Marcus descrive i suoi stessi scritti come supporti (parastêmata, iii.11), dischi (parapêgmata, ix.3.2) e regole (kanones, v.22, x.2).

Lo scopo di Marcus di dotarsi mentalmente di affrontare ciò che gli viene incontro spiega lo stile spesso aforistico e slogane delle meditazioni (ad esempio "Cancella impressioni!"; "Non fare nulla a caso!"; "Coloro che ora seppelliscono saranno presto sepolti!"): come dice Marcus, per chi è stato morso da vere dottrine anche il più breve detto è sufficiente come promemoria (hupomnêsis) della libertà dal dolore e dalla paura (x.34). In i.7, Marco parla della lettura di "hupomnêmata" di Epictetus; Arriano, che scrisse gli insegnamenti di Epitteto, li chiamò hupomnêmata, apparentemente in riferimento alla Memorabilia di Senofonte (il cui titolo greco era "hupomnêmata") di Socrate. Lo scopo di Marcus spiega anche perché quando Marcus si riferisce a eventi della sua vita, non li specifica in un modo che consentirebbe a chiunque di identificarli,e perché usa la terminologia tecnica stoica senza spiegazioni.[3]Lo scopo di Marcus ha anche senso del raccontare i detti dei filosofi senza scrupoli se il sistema filosofico da cui provengono i detti è coerente con lo stoicismo. Infine, questo scopo suggerisce che il lettore dovrebbe cercare i difetti personali che Marcus sta cercando di combattere, o l'atteggiamento corretto che sta cercando di inculcare, quando fa emergere qualche dottrina o argomento, sia Stoico che no. Quindi, per esempio, xi.18, che inizia dicendo che gli esseri umani sono venuti nel mondo per amore reciproco e che le alternative metafisiche sono gli atomi o la Natura (vedi sotto, 4.1), è un elenco di dieci prescrizioni contro la rabbia, un fallimento particolarmente consequenziale in quelli con potere (cfr. ix.42). Ancora una volta, ix.28 invoca la dottrina stoica della ricorrenza eterna per ricordare l'insignificanza delle cose mortali. Ciò suggerisce che, nonostante la citabilità delle singole asserzioni nelle Meditazioni, dovremmo affrontarle studiando il loro contesto "terapeutico", cioè chiedendo: quali effetti morali e psicologici sta cercando di ottenere Marcus dicendo questo? Quando Marcus dice "p", non sempre esprime semplicemente la sua convinzione che p.

Partendo da questo punto sul genere delle Meditazioni e cercando di stabilire il suo particolare contenuto filosofico, Hadot 1998 organizza i pensieri di Marcus sulle discipline epictetane di (i) desiderio, (ii) impulso e (iii) consenso; secondo Hadot, queste appaiono in Marcus come le regole di (i) accontentarsi di qualsiasi cosa accada, (ii) comportarsi giustamente verso gli altri e (iii) esercitare discernimento nei propri giudizi (35–36). [4]Al contrario, Gill 2013 identifica quattro 'filamenti' ricorrenti in Marcus: (i) aspirazione a un ideale etico concepito in termini stoici come la comprensione che solo la virtù è buona e che tutti gli esseri umani sono affini, il che comporta (ii) l'accettazione della morte e transitorietà come caratteristiche della nostra esistenza che non dipendono da noi; entrambi (i) e (ii) sono resi possibili dalla (iii) nostra razionalità e (iv) dalla nostra socialità, due aspetti della natura umana che ci rendono una parte speciale dell'intero cosmo; secondo Gill, Marcus assume la teoria stoica dello sviluppo etico di (iii) e (iv) per appropriazione (oikeiôsis) e si concentra sul suo ultimo stadio, che è la realizzazione di (i) per auto-coltivazione.

L'approccio adottato in questo articolo segue l'idea di Hadot (1998, 5) secondo cui per gli antichi la filosofia era un modo di vivere e che le Meditazioni di Marcus ci mostrano com'era per un individuo provare a vivere una vita stoica. Tuttavia, piuttosto che cercare di coprire tutti i temi di Marcus in questa luce, oltre agli argomenti discussi di seguito, parla di tempo, destino, morte, cicli di cambiamento nel cosmo. Mi concentro su una domanda di base per Marcus progetto di vivere Stoically: cosa usa uno Stoic per guidare la propria condotta? Affrontare questa domanda di base porta alla discussione delle due virtù di cui Marcus ha molto da dire: giustizia e pietà.

2. Vivere stoicamente

Sebbene riconosca che fatica a vivere come filosofo, Marcus si esorta a quella vita, spiegando cosa comporta in termini stoici:

… non sei più in grado di vivere tutta la tua vita di filosofo fin dalla giovinezza; ed è chiaro a molti altri ea te stesso che sei lontano dalla filosofia. Quindi sei confuso: il risultato è che ottenere la reputazione di un filosofo non è più facile per te … Se hai visto veramente dove si trova la questione, lasciati alle spalle la tua reputazione e accontentati anche se vivi il resto della vita, tuttavia lungo [può essere], come vuole la tua natura. Considera cosa vuole e non lasciare che nient'altro ti distragga. Per la tua esperienza ti dice quanto ti sei allontanato: da nessuna parte nei cosiddetti ragionamenti, ricchezza, reputazione, godimento, da nessuna parte trovi vivere bene. Allora dov'è? Nel fare quelle cose che la natura umana cerca. E come si faranno queste cose? Se si hanno dottrine dalle quali [fluiscono] impulsi e azioni. Quali dottrine? Quelli che riguardano beni e mali: che nulla è buono per un essere umano che non li rende giusti, temperati, coraggiosi, liberi; che nulla è male, il che non li rende i contrari di quanto sopra. (viii.1, enfasi mia)

Nel dire che vivere bene sta nel fare ciò che cerca la sua natura umana, Marcus fa eco a generazioni di filosofi stoici. Cleanthes afferma che l'obiettivo (telos) è "vivere in accordo con la natura"; Crisippo, "vivere secondo l'esperienza di ciò che accade per natura"; Diogene, "essendo ragionevole nella selezione e nel rifiuto di ciò che è secondo la natura"; Archedemus, "vivere completando tutte le azioni appropriate"; Antipatro, "vivere continuamente selezionando ciò che è secondo la natura e rifiutando ciò che è contrario alla natura" (Ario Didimo 6a). Queste formule indicano che l'obiettivo è quello di agire in conformità con la natura e di essere in un certo stato cognitivo in relazione ai propri atti secondo la natura: in accordo, sulla base dell'esperienza, essendo ragionevole, continuamente (dienekôs, cioè coerentemente, stabilmente?), tutto ciò implica comprensione.

Ma come fa uno stoico a metterlo in pratica? Cosa significa fare ciò che cerca la propria natura umana, nelle particolari circostanze in cui ci si trova? Sicuramente non significa fare qualunque sia il desiderio più forte di fare nel momento.

Nel passaggio citato, Marcus spiega come si potrebbe fare ciò che è nella propria natura affermando che è necessario modificare le proprie convinzioni sul bene e sul male, poiché queste informano i propri impulsi e azioni. Dice, per esempio, che se crediamo che il piacere sia buono e il dolore cattivo, allora saremo risentiti dei piaceri di cui godono i viziosi e dei dolori subiti dai virtuosi. E se siamo risentiti di ciò che accade, troveremo difetti nella natura e saremo empi (ix.3). Ma mentre le false credenze sul bene e sul male ci impediscono di seguire la natura e agire virtuosamente, come può la loro rimozione da sola consentirci di seguire la natura e agire virtuosamente? Una volta che so che il piacere e il dolore non sono né buoni né cattivi ma sono indifferenti per la mia felicità, ho ancora bisogno di sapere come dovrei rispondere a questo piacere e quel dolore,per seguire la natura. Il filosofo stoico del primo secolo Seneca discute nelle sue Lettere a Lucilio per l'utilità di consigli concreti per alcuni tipi di situazioni (praecepta) sulla base del fatto che avendo eliminato il vizio e la falsa opinione, non si saprà ancora cosa fare e come farlo (94.23), per inesperienza, non solo passione, ci impedisce di sapere cosa fare in ogni situazione (94.32); Seneca afferma inoltre che la natura non ci insegna quale sia l'azione appropriata in ogni caso (94.19). Forse Marcus pensa che ci sia, in ogni situazione di scelta, qualcosa che si possa fare che sia produttivo di virtù (dice, "niente è buono per un essere umano che non lo rende giusto, temperato, coraggioso, libero"; dall'altro mano, 'make' può avere il senso di costituire piuttosto che di produrre,nel qual caso il riferimento alle virtù nel passaggio non è affatto guida all'azione). In alternativa, può pensare che ciò che produce virtù non sia il contenuto della propria azione, ma i pensieri che la accompagnano. Ma che pensieri sono questi? Sicuramente, se la virtù deve avere qualche contenuto, pensare "solo la virtù è buona" non sarà sufficiente.

2.1 Il problema del contenuto deliberativo: il buono, il brutto e l'indifferente

Per apprezzare il contributo distintivo di Marcus alla domanda su come vivere come stoico, sarà utile iniziare con un background nella prima etica stoica. Lo stoicismo insegna che la virtù è il solo bene per se stessi, che il vizio è il solo male e che tutto il resto è indifferente per quanto riguarda la felicità della persona. Vale a dire, solo la virtù può contribuire alla nostra felicità; solo il vizio può contribuire alla nostra infelicità. Povertà, cattiva reputazione e cattiva salute non sono cattive, poiché il loro possesso non ci rende infelici; ricchezza, fama e bene non sono buoni perché il loro possesso non ci rende felici. Se uno chiede: 'Come devo agire? Su cosa posso basare le mie scelte tra salute e malattia, ricchezza e povertà, in modo che le mie scelte siano razionali e non arbitrarie? ',quindi la risposta stoica del libro di testo è che tra gli indifferenti alcuni devono essere preferiti come conformi alla natura (Diogenes Laertius vii.101–5; Arius Didymus 7a – b, Epictetus ii.6.9 [per questi passaggi vedi Long e Sedley 1987, sezione 58]). Quindi, mentre è assolutamente indifferente quanti peli si hanno sulla testa o se il numero di stelle nel cielo è pari o dispari, lo facciamo, e nella maggior parte dei casi dovremmo, preferire e selezionare ricchezza, fama e buona salute rispetto alla povertà, malati -reputa e malattia, perché sono (nella maggior parte dei casi) conformi alla natura. Cicerone fornisce una ragione per cui ci devono essere differenze di valore tra gli indifferenti: se tutto tranne la virtù e il vizio fossero assolutamente indifferenti, la razionalità perfezionata del saggio stoico non avrebbe alcuna funzione da svolgere (On Ends iii.50). L'esercizio della saggezza consisterebbe nel lanciare monete per selezionare un indifferente rispetto ad un altro.

Quando selezioniamo cose che sono secondo la natura e rifiutiamo cose che sono contrarie alla natura, le nostre azioni sono appropriate (kathêkonta; per l'uso di Marcus di questo termine, vedi i.2, iii.1.2, iii.16.2, vi.22, vi.26.3) e un'azione appropriata è un'azione per la quale esiste una giustificazione ragionevole (elogio). Un'azione appropriata conta come un'azione moralmente perfetta o virtuosa (katorthôma) quando viene fatta dalla comprensione, cioè dallo stato cognitivo saggio e stabile posseduto solo dalla persona pienamente virtuosa (Ario Didimo 8). Sebbene il discorso sull'azione appropriata avente una giustificazione ragionevole possa suggerire che più di un'azione potrebbe essere appropriata per una situazione,o che ciò che è appropriato potrebbe essere relativizzato alla comprensione della situazione della persona comune (poiché alcuni utilitaristi considerano quel diritto di azione che massimizza l'utilità attesa piuttosto che l'utilità effettiva), in modo che la "giustificazione ragionevole" sarebbe come il "ragionevole dubbio" della legge o " persona ragionevole ', l'uso da parte degli stoici di' ragionevole 'in altri contesti, come la definizione delle buone emozioni (eupatheiai) (Diogenes Laertius vii.116), la fine (Arius Didymus 6a) e le virtù del ragionamento e della retorica (SVF iii.264, 268; 291, 294), considera chiaramente lo standard di ragionevolezza come la ragione giusta della persona pienamente virtuosa. Ciò indica che esiste solo un'azione appropriata per situazione,una conclusione che è confermata dall'affermazione di Chrysippus secondo cui la persona pienamente virtuosa compie tutte le azioni appropriate e non lascia alcuna azione appropriata non eseguita (iii.510). (Questa discussione sull'azione "ragionevole" e appropriata segue Brennan 1996, 326-29.)

L'azione appropriata, per la quale esiste una giustificazione ragionevole, non è in ogni caso quella che ottiene o persegue gli indifferenti preferiti per l'agente. Secondo le nostre prove, mentre è nostra natura preservare la nostra costituzione corporea (Diogenes Laertius vii.85–86), ci sono situazioni in cui dovremmo rinunciare alla nostra vita (Cicerone On Duties iii.89-115, On Ends iii.60), ad esempio, per salvare il nostro paese (per la discussione di questo problema, vedere Barney 2003 e Brennan 2005). Inoltre, Crisippo sembra aver detto che se avesse saputo di essere malato, avrebbe avuto un impulso verso la malattia, ma senza questa conoscenza avrebbe dovuto selezionare le cose che sono ben adattate (fino a euphuesteron) per ottenere ciò che è dentro conformità con la natura (Epictetus Discourses ii.6.9). Ciò sembra suggerire che in assenza di conoscenza che uno è destinato ad ammalarsi, si dovrebbe selezionare la salute, ma questa selezione non è garantita per essere conforme alla natura o per provocare un'azione appropriata, o una selezione (ad es. selezione della salute) può essere conforme alla natura, anche se ciò che non mira (ad esempio ottenere o godere della salute) non lo è. Quindi forse conoscere gli indifferenti preferiti guida le azioni solo nel modo in cui l'identificazione di Ross dei doveri prima facie dovrebbe aiutare nel processo decisionale morale, vale a dire facendo alcune considerazioni salienti della deliberazione (per questa immagine, vedi Vogt 2008, 173–178)), ma l'account tace su come soppesare gli indifferenti in una situazione particolare. In alternativa,può darsi che qualcosa in base alla natura dia all'agente solo ragioni epistemiche di selezione piuttosto che ragioni pratiche che rispondono ad un valore intrinseco degli indifferenti (per questa visione vedi Klein 2015).

Potremmo chiederci perché qualcosa dovrebbe essere chiamato in base alla natura, o preferito, se ci sono circostanze in cui non lo è. Perché non riservare l'etichetta "secondo natura" per ciò che è destinato? L'eterico Stoico Aristo di Chios negò che qualsiasi indifferente dovesse essere preferito dalla natura, sottolineando che la stessa cosa poteva essere preferita in una circostanza e dispersa in un'altra (Sesto Empirico, contro i professori 11.64–7). Tuttavia, gli stoici ortodossi sembrano insistere sul fatto che la preferibilità, ed essere in accordo con la natura, è un carattere intrinseco di alcune cose, e Diogene Laertius riporta una distinzione tra azioni appropriate che non dipendono da circostanze, come prendersi cura della propria salute e senso -organi e azioni appropriate che sono appropriate solo in determinate circostanze,come mutilarsi (Diogenes Laertius vii.108–9). Quindi non è vero per tutte, ma solo per alcune azioni appropriate che la loro adeguatezza è circostanziale. Forse l'idea è che mentre è vero solo per la maggior parte che la salute (o la forza o organi di senso ben funzionanti) è conforme alla natura, ciò non significa che la naturalezza della salute (forza, organi di senso ben funzionanti) dipenda da le circostanze. Da questo punto di vista, la salute di una specie è definita dalla natura della specie, e ciò è incondizionatamente secondo la sua natura.ciò non significa che la naturalezza della salute (forza, organi di senso ben funzionanti) dipenda dalle circostanze. Da questo punto di vista, la salute di una specie è definita dalla natura della specie, e ciò è incondizionatamente secondo la sua natura.ciò non significa che la naturalezza della salute (forza, organi di senso ben funzionanti) dipenda dalle circostanze. Da questo punto di vista, la salute di una specie è definita dalla natura della specie, e ciò è incondizionatamente secondo la sua natura.

Il fatto che le nostre fonti comprendano ciò che è secondo la natura sia in termini di natura cosmica o cosa è destinato e in termini di singole nature da cui è costruita la natura del cosmo solleva la questione del conflitto, ad esempio quando la mia salute, che è in accordo con la mia natura, non è destinato o in accordo con la natura cosmica. Tale conflitto può essere evitato per gli esseri umani facendo appello alla nostra natura razionale, da un lato, e alla provvidenziale natura cosmica, dall'altro: la nostra razionalità ci consente di apprezzare e volere ciò che è secondo la natura cosmica perché quest'ultimo è il migliore per il totale. Sulla specifica domanda del perché dovremmo preferire, come in accordo con la natura, l'interesse della comunità al nostro, Brennan 2005 fa appello alla dottrina stoica dell'ikeiôsis: abbiamo una naturale tendenza a prenderci cura degli altri,inizialmente la nostra famiglia e i nostri amici e, in definitiva, i nostri concittadini e i nostri simili (154–59). Potremmo chiederci come questo impulso potrebbe essere abbastanza forte da superare l'interesse personale; tuttavia, Brennan osserva che la realizzazione dello Stoic secondo cui gli indifferenti non contribuiscono alla felicità indebolisce un ostacolo alla deliberazione imparziale: se gli indifferenti fossero buoni, lo Stoico li vorrebbe per sé; dal momento che non sono buoni, decide su come distribuirli come richiede la giustizia (164–65). Poiché le considerazioni sulla virtù non possono (a pena di circolarità) entrare nelle sue deliberazioni, ciò che dà contenuto alle "esigenze di giustizia" (almeno in Cicerone e Cicerone attribuisce visioni simili a quelle di Crisippo) sono considerazioni sull'utilità della comunità e sul rispetto dei diritti di proprietà (206-26). Questi indifferenti devono essere preferiti come più conformi alla natura rispetto, ad esempio, alla propria utilità individuale.

Come vedremo, il modo in cui Marcus affronta il problema del contenuto deliberativo è in un certo senso simile a quello di Cicerone: la caratterizzazione della condotta corretta deriva da idee su ciò che la giustizia richiede e il contenuto della giustizia viene da fuori dall'etica etica stoica. Nel caso di Marcus, nasce dall'idea che il cosmo è una città e che tutti gli esseri razionali sono concittadini di questa città. Il ruolo del cittadino porta con sé alcune aspettative convenzionali di condotta che Marcus trasferisce alla cittadinanza della cosmopolis.

3. Giustizia: agire per il bene della Cosmopolis

Marcus dice che bisogna preoccuparsi solo di due cose: agire in modo giusto e amare ciò che è assegnato (x.11, cfr. Xii.1). Esegue "recitando giustamente" in termini di recitazione in comune (ix.31), e aggiunge che ovunque si vive, si dovrebbe vivere come un cittadino della città cosmica (x.15). Fare appello all'idea che il cosmo sia una città gli consente di dire che dovremmo fare bene a tutta l'umanità (viii.23), poiché ognuno di noi ha il dovere di un cittadino di contribuire al benessere dell'intera cosmopolis, cioè al benessere di tutti gli umani come nostri concittadini. Al contrario, chiunque non contribuisca all'obiettivo comune (al koinônikon telos) agisce in modo seducente (ix.23); non si può odiare nemmeno un uomo, perché questo rende la comunità (xi.8).

Sorprendentemente, Marcus sembra specificare questo obiettivo comune in termini di indifferenti piuttosto che di virtù, con il risultato che si dovrebbe mirare a creare indifferenti preferiti per l'insieme di cui si fa parte. Quando spiega che qualunque cosa accada a una parte avvantaggia il tutto e che ciò che è vantaggioso (sumpheron) per una persona non è in conflitto con ciò che è vantaggioso per un'altra, Marcus scrive che per "interesse" intende cose intermedie (per esempio)) (vi.45; forse lo prende per seguire dalla coincidenza di ciò che è conforme alla natura per il tutto e la parte). Anche se il cibo non è un bene e la fame non è un male, uno stoico risponderà a una persona affamata di cibo, piuttosto che (solo) una lezione che il cibo non è un bene e la fame non è un male.

Ovviamente, gli sforzi di uno per dare da mangiare agli affamati, o per aiutare gli affamati dando loro da mangiare, possono fallire, quindi Marcus raccomanda di perseguire tali fini con riserva (hupexairesis), subordinando gli impulsi a ciò che è destinato ad accadere (iv. 1, v.20, vi.50).

Presumibilmente questa risposta è fondata sulla nostra naturale preoccupazione (oikeiôsis), che nella sua essenza fondamentale è responsabile della cura dei genitori per i loro figli (Diogenes Laertius vii.85), e Marcus si dice di considerare gli altri esseri umani come i suoi (oikeiotaton)) quando si pensa a come beneficiarli e come non ostacolare i loro piani (v.20).

Marcus afferma che la natura razionale fa bene quando dirige gli impulsi (ormoni) all'azione comunitaria (viii.7). Dobbiamo fare ciò che segue dalla nostra costituzione, e la facoltà comunale (a koinônikon) svolge il ruolo principale nella costituzione umana (vii.55). Dopo la facoltà comunale arriva la facoltà razionale (vii.55), ma ancora una volta, la facoltà razionale è perfezionata in giustizia (ix.22). Come essere umano, si è in grado di contribuire alla perfezione (sumplêrôtikos) dell'intera organizzazione politica; Marcus si esorta a rendere ogni sua azione perfetta per la vita politica (ix.23). A volte Marcus arriva al punto di identificare il bene (agathon) di una creatura razionale con la comunità (v.16).

Infine, Marcus semplicemente nega che ci sia mai stato un conflitto tra il bene dell'individuo e il bene dell'intera comunità di cui quell'individuo fa parte. Dice, da un lato, che la perfezione, il benessere e la stabilità dell'insieme dipendono da ciò che accade a ciascuna parte (v.8). E dall'altro lato, afferma che ciò che determina la natura del tutto è buono (agathon) per ogni parte (ii.3) e che ciò che non è dannoso per la città non può essere dannoso per il suo cittadino (v.22). Paragona la relazione tra individui razionali separati e la comunità con gli arti e il corpo, che sono così costituiti da lavorare insieme (vii.13). Il confronto tra la relazione cittadino-città e la relazione arto-corpo risale alla Repubblica di Platone (462b-d), secondo la quale nella città ideale,il danno a un cittadino o parte della città è sentito come danno al resto dei cittadini o alla città nel suo insieme. Mentre Platone usa l'analogia del corpo degli arti per enfatizzare l'unità del sentimento che la città ideale raggiunge, Marcus la usa per sottolineare che il cittadino è una parte funzionale di tutta la città: proprio come questo materiale che costituisce un arto non sarebbe un arto a tutto senza il corpo di cui fa parte, quindi anche questo individuo umano non sarebbe quello che sono senza una città di cui fanno parte (Marcus deve significare la città cosmica). Si potrebbe obiettare che c'è di più nell'essere un essere umano che nell'essere un cittadino (Striker 1996, 259), ma forse Marcus non sta semplicemente dicendo che il cosmo è come una città e noi siamo come i suoi cittadini; forse sta dicendo che il cosmo in realtà è una città e che gli esseri umani sono in realtà i suoi cittadini,così che ciò che è essere umani è esaurito dalla cittadinanza del cosmo.

Le affermazioni di Marcus sull'armonia tra il benessere o il vantaggio di interi e parti sono anch'esse centrali nella sua concezione della pietà.

4. Pietà: accogliere ciò che accade come parte del tutto

Marcus scrive,

Ogni natura è soddisfatta di se stessa quando va bene per la sua strada, e la natura razionale va bene per la sua strada quando non accerta nulla di falso o poco chiaro tra le sue impressioni, quando dirige gli impulsi ad azioni comuni, quando genera desideri e inclinazioni per solo quelle cose che sono in nostro potere, e quando accoglie tutto ciò che gli è ripartito per natura comune. (VIII.7)

L'ultimo di questi quattro comportamenti è produttivo di pietà. L'idea chiave nella pietà è che il cosmo nel suo insieme è progettato in modo provvidenziale, e quindi è buono come può essere, e quindi le sue parti sono buone come possono essere, e quindi il nostro atteggiamento verso ogni parte dovrebbe essere accettazione- o come talvolta dice più fortemente, amore. Secondo Hadot (1998, 128), Marcus segue Epictetus nel distinguere l'impulso (hormê) dal desiderio (orexis) e innova limitando l'impulso alla sfera della nostra attività. Il desiderio, parallelo all'impulso, è limitato alla sfera della nostra passività; quindi, dovremmo desiderare ciò che ci accade. Hadot si sbaglia qui, perché secondo gli stoici, le nostre reazioni a ciò che ci accade sono anche impulsi e il desiderio è una specie di impulso. Marcus dice di limitare il desiderio a ciò che dipende da noi (ix.7) o estinguerlo (sbêsai). Epictetus ci dice di astenerci dal desiderio per il momento (iii.24.23, 24, 85). Il motivo per estinguere il desiderio è il pericolo di desiderare la cosa sbagliata: desiderare qualcosa è crederlo come buono e avere un impulso in fuga verso di esso. Questo ci dà anche una discussione contro il desiderio delle cose che accadono. Potremmo notare che Marcus, nel passaggio sopra, raccomanda di non desiderare ma di accogliere (aspazomenê) qualunque cosa accada. Forse dovremmo associare il desiderio (orexis) al perseguimento e all'accoglienza con la contentezza nel ricevere. Questo ci dà anche una discussione contro il desiderio delle cose che accadono. Potremmo notare che Marcus, nel passaggio sopra, raccomanda di non desiderare ma di accogliere (aspazomenê) qualunque cosa accada. Forse dovremmo associare il desiderio (orexis) al perseguimento e all'accoglienza con la contentezza nel ricevere. Questo ci dà anche una discussione contro il desiderio delle cose che accadono. Potremmo notare che Marcus, nel passaggio sopra, raccomanda di non desiderare ma di accogliere (aspazomenê) qualunque cosa accada. Forse dovremmo associare il desiderio (orexis) al perseguimento e all'accoglienza con la contentezza nel ricevere.

Possiamo usare la nostra comprensione della pietà come apprezzamento della provvidenza per illuminare due slogan che si trovano frequentemente in Marco: "provvidenza o atomi?" e "cancella impressioni".

4.1 Provvidenza o atomi?

Nove volte nelle Meditazioni, Marcus espone le alternative: provvidenza, natura, ragione, da un lato, o atomi, dall'altro (iv.3, vi.24, vii.32, vii.50, viii.17, ix.28, xi.39, x.6, xi.18). (Su questi passaggi, vedi Cooper 2004. [5]) Sebbene non spieghi, il riferimento è abbastanza chiaro: o il mondo e ciò che accade è il disegno di un Dio provvidenziale, come creduto dagli Stoici (e dai platonici), o il risultato di atomi che si scontrano casualmente nel vuoto, come si ritiene dagli epicurei. Ciò che non è ovvio è perché Marcus stia presentando queste alternative. È perché la sua comprensione della fisica stoica è così debole che deve essere aperto alla possibilità che la fisica epicurea sia vera (Rist 1982, 43, Annas 2004, 116)? Marcus a un certo punto esprime disperazione per la propria comprensione della fisica (vi.67). O il suo punto è che, indipendentemente dal fatto che la propria fisica sia epicureo o stoica, si deve vivere come gli stoici ingiungono (Anna, 108-114, Hadot, 148), vale a dire razionalmente, con un unico scopo, elevarsi al di sopra dei beni e dei mali convenzionali (ix.28)? La convergenza di epicurei e stoici su tali punti etici, alla luce delle opinioni fisiche molto diverse tra le due scuole, rafforza la sua fiducia nell'etica (Anna, 109)?

In un passaggio delle Meditazioni, Marcus fornisce le alternative alla "provvidenza o atomi" quando è chiaramente interessato alla convergenza dell'opinione etica tra tutti i saggi, non solo stoici ed epicurei, poiché cita anche Democrito, Platone e Antistene insignificanza delle questioni che la gente comune apprezza di più (vita e morte, dolore, reputazione) e l'importanza di gran lunga maggiore della virtù (vii.32 ss.). In questo contesto, Marco mette l'opinione di Epicuro secondo cui alla morte i nostri atomi di anima sono dispersi e noi cessiamo di esistere a quattro zampe con la visione stoica secondo cui la natura o si estingue o ci trasforma alla morte. Qui Marcus cita anche Epicuro sul dolore con approvazione: il dolore è sopportabile (se di lunga durata) o breve (se intenso). Il suo punto sembra essere che qualunque sia la propria fedeltà filosofica,la fedeltà alla filosofia implica elevarsi al di sopra del dolore, della morte e della reputazione e, inoltre, risulta non borbottare: perché se il modo in cui le cose sono dovute alla provvidenza, allora non potrebbero essere migliori e si sbaglia a borbottare, ma se il modo in cui le cose sono dovute al caso, quindi è inutile brontolare (viii.17, ix.39).

Tuttavia, Marcus non è davvero aperto alla possibilità della fisica epicurea. Afferma ripetutamente, dopo aver definito le opzioni di "provvidenza o atomi", che il mondo è in realtà governato da una natura intelligente di cui fa parte funzionale, come un cittadino di uno stato (iv.3, x.6). Quindi non dovremmo fare troppo della diffidenza di Marcus sulla sua padronanza della fisica (vii.67), poiché potrebbe solo significare che la sua conoscenza tecnica della fisica stoica è inadeguata, piuttosto che non gli manca la fiducia nella sua superiorità sulla fisica epicurea. Altrove insiste di avere una concezione sufficiente (ennoia) di una vita secondo la natura in modo da viverla (i.9, 17).

Vediamo anche la dipendenza di Marcus dalla fisica stoica nella sua derivazione innovativa della dottrina stoica dell'indifferenza di tutto tranne la virtù e il vizio dalla provvidenza. Poiché ricchezza, reputazione e salute sono distribuite indifferentemente tra i virtuosi e i cattivi, egli sostiene che non possono essere buoni, poiché ciò sarebbe contrario alla provvidenza (ii.11). Ciò non significa che Marcus stia fondando l'etica in fisica, tuttavia. [6]Secondo gli stoici, le credenze di chiunque non sia una persona saggia e pienamente virtuosa sono deboli e instabili (poiché non ancorate a una comprensione del tutto), e quindi dovremmo aspettarci che uno stoico non saggio come Marcus cerchi tutti i tipi di ragioni per sostenere le sue convinzioni etiche. Marcus può costantemente considerare questi argomenti di "supporto" per un momento di debolezza come più deboli e meno plausibili degli argomenti stoici e allo stesso tempo importante avere a portata di mano come, se stai cercando di smettere di fumare, potresti resisti a "ti dà le rughe" per i momenti in cui "ti dà il cancro" non sta facendo il trucco.

Infine, Marcus usa "provvidenza o atomi" nelle Meditazioni per scacciare un atteggiamento empio:

Sei scontento della parte che ti è stata assegnata nel complesso? Ricorda le alternative: provvidenza o atomi, e quante sono le dimostrazioni, che il cosmo è una città. (IV.3.2)

Per capire cosa sta facendo qui il pensiero, "provvidenza o atomi", dobbiamo collegarlo al malcontento che è l'argomento del passaggio. Marcus si sta ammonendo per il suo malcontento per le cose così come stanno, dicendo a se stesso: "se stai trovando difetti nelle cose come sono, allora devi pensare che non sono dovute alla provvidenza. Ma se non sono dovuti alla provvidenza, allora sono il risultato di cause casuali. ' In questo passaggio, gli "atomi" funzionano come l'impegno implicito di chi trova difetti nelle cose come sono. Il ragionamento funziona per aumentare la posta in gioco per qualcuno che brontola per come stanno le cose. Sottolinea che esiste una contraddizione tra il credere, come uno Stoico, che il mondo sia gestito in modo provvidenziale e che sia scontento di tutto ciò che accade. Una volta evidenziata la contraddizione,diventa chiaro per quale delle due alternative uno Stoico deve cercare, e cosa ne consegue degli atteggiamenti che deve quindi adottare nei confronti del mondo e di ogni sua parte. A volte Marcus spiega questi passaggi: "Ma guarda le prove a favore della provvidenza: l'intero cosmo è organizzato come una città, vale a dire ogni parte è organizzata in modo tale da servire il bene del tutto". Ad esempio, a iv.27, Marcus sembra iniziare a considerare le possibilità gemelle che il mondo sia un cosmo o una miscela caotica (kukeôn, riferendosi forse a Eraclito fr. 125), ma poi afferma immediatamente che è un cosmo. Spesso, tuttavia, Marcus non è tenuto a precisarlo. In ogni caso, ciò che "atomi" rappresenta, in questo contesto, è empietà. Quindi Marcus sta raccontando il suo sé lamentoso: il tuo brontolio è la prova di empietà,prova del tuo essere come un epicureo, tranne per il fatto che i veri epicurei sono più filosofici e non si lamentano di un cosmo irrazionale che porta loro sfortuna, ma piuttosto, provano a vivere razionalmente.

Quest'ultimo uso di "provvidenza o atomi" mostra che, poiché Marcus sta scrivendo per attuare alcuni atteggiamenti psicologici in se stesso, dobbiamo guardare al contesto per determinare quale sia l'atteggiamento desiderato, e quindi determinare come dovrebbero avere effetto le cose che si dice l'attitudine. Forse realizzare l'atteggiamento desiderato richiede di fare dichiarazioni iperboliche per correggere una tendenza naturale che pensa di avere. Se non lo teniamo presente quando leggiamo Marcus, troveremo solo contraddizioni, tensioni e ambivalenze e concluderemo che Marcus è un pensatore eclettico e impreciso.

4.2 Cancella impressioni

Marco spesso si dice "cancella (exaleipsai) le tue impressioni (phantasiai)" (v.2, vii.29, viii.29, ix.7, cfr. Ii.5, iii.16, v.36). Secondo l'epistemologia stoica, le cose nel mondo impressionano le immagini di se stesse su anime umane e animali, poiché le forme possono impressionarsi su una tavoletta di cera. Gli esseri umani possono anche accettare o rifiutare il consenso da queste impressioni; i giudizi sono il risultato del nostro assenso alle impressioni, o più precisamente alle articolazioni proposizionali delle nostre impressioni. Mentre il consenso è volontario, le impressioni non lo sono (cfr. Epictetus fr. 9). Quindi chiaramente non possiamo cancellare le nostre impressioni nel senso di cancellarle semplicemente, ma allora cosa si sta facendo Marcus? Negli scambi con gli scettici accademici,gli stoici affermano che la persona saggia non acconsente se non alle impressioni che rappresentano accuratamente la cosa nel mondo che ne è la causa (impressioni "kataleptic"); in che modo l'ingiunzione di Marcus di "cancellare" le impressioni si collega a questo standard?

Secondo Hadot (103–4), per "cancellare le impressioni" Marcus significa "consenso solo alle descrizioni obiettive e fisiche degli esterni". Ciò che Marcus si sta dicendo di cancellare, dice Hadot, sono giudizi di valore su tutto ciò che è esterno al suo personaggio. Hadot pensa che Marcus sia semplicemente confuso nell'usare il termine fantasia per questi giudizi (il termine corretto, che a volte usa [cfr. IV.39, v.26, viii.4], e che a volte distingue dalla fantasia [cfr. Viii.47–49], è hupolêpsis o 'assunzione').

Tuttavia, la distinzione tra fatti fisici oggettivi e giudizi soggettivi di valore sembra più esistenzialista di Stoic, poiché il valore di Stoics è oggettivo, e infatti Marcus esulta ripetutamente nella bellezza e nella bontà del cosmo nel suo insieme. (Non dovremmo supporre che le valutazioni siano tutte aggiunte da noi, i soggetti, all'impressione, poiché gli stoici pensano che ci siano impressioni valutative, cfr Epictetus p. 9.) Tuttavia, è giusto che Marco, seguendo Epictetus, raccomanda di astenersi dal giudicare "buono" o "cattivo" poiché quelli descrivono solo la virtù, il vizio e nessuno, ma la persona pienamente virtuosa li conosce davvero (vedi, ad esempio, Encheiridion 45). Ed è anche giusto che Marcus si occupi spesso di cose che sono convenzionalmente riconosciute di alto valore in termini materiali riduttivi. Quindi, per esempio, scrive, Prendiamo ad esempio l'impressione nel caso di condimenti e simili commestibili, che questo è il cadavere di un pesce e quello di un uccello o di un maiale. E ancora che questo [vino] fallico è il piccolo succo di un grappolo d'uva, e la veste bordata di porpora è lana di pecora tinta dal sangue di un mollusco; e nel caso di cose che hanno a che fare con l'unione sessuale [che è] l'attrito dei genitali con l'escrezione di muco negli spasmi. Tali sono le impressioni che arrivano alle cose e vanno direttamente in esse, in modo che si possa vedere come ogni cosa è davvero. (vi.13, cfr viii.21, 24)

In effetti, lo stesso Marcus descrive ciò che sta facendo qui definendo ciò che ogni cosa viene spogliato nudo e elencando i componenti in cui si disintegra (iii.11); altrove aggiunge che questa tecnica porta a disprezzare la cosa così analizzata (xi.2).

Tuttavia, questo è solo uno dei due modi complementari in cui Marcus gestisce le sue impressioni. L'altro è considerare le cose che sono convenzionalmente svalutate nel loro contesto più ampio, in modo da mostrare a cosa servono. In effetti, il passaggio che raccomanda l'esame di ogni cosa spogliata nuda continua,

… nulla è così produttivo di grandezza mentale da poter esaminare, sistematicamente e nella verità, ciascuna delle cose che ci accadono nella vita e guardarla sempre in modo da considerare che tipo di uso (chreia) fornisce per quale tipo di cosmo e quale valore (axia) ha per il tutto, e in relazione all'essere umano, essendo un cittadino della città più alta, di cui altre città sono come famiglie (iii.11, cfr viii.11, iv.23, iii.2, vi.36, vii.13, x.20, 25)

Qui Marcus sta raccomandando, ai fini del corretto apprezzamento del valore delle cose, il reinserimento di ogni cosa nel suo contesto cosmico. Quindi, contrariamente alle prime apparenze, l'obiettivo non è quello di considerare le cose nel mondo come prive di valore, ma piuttosto di vedere il vero valore di ogni cosa, che è determinato considerando il suo contributo all'intero cosmo. La descrizione fisica di ogni cosa non è una descrizione del suo aspetto fisico nudo quando isolata da tutto il resto, ma la sua reintegrazione nel design bello e intelligente del cosmo. Quindi Marcus scrive, Ad esempio, quando alcune parti della cottura del pane si aprono, anche queste crepe, anche se in qualche modo sono contrarie agli ordini del fornaio, sono in qualche modo adatte e suscitano a loro modo il desiderio di cibo. Ancora una volta, i fichi, quando sono più maturi, restano aperti … e molte altre cose, se uno li guardasse individualmente, sarebbe tutt'altro che bello dall'aspetto, ma tuttavia, a causa delle loro seguenti cose che diventano per natura, sono ben ordinati ed educano la nostra anima. (III.2)

La comprensione di ciò che è in accordo con la natura si ottiene determinando, per ogni cosa che ottiene, il suo contributo o ruolo funzionale nel cosmo (piuttosto che guardare cosa succede regolarmente o cosa succede con campioni sani, ecc.). E una volta che si comprende questo contributo funzionale, si è in grado di vedere il valore di ogni cosa, quanto meravigliosamente contribuisce a un tutto ben progettato.

Ora che abbiamo un'idea di quali impressioni cancellate debbano essere sostituite, possiamo tornare alle domande su cosa deve essere cancellato e cosa deve essere cancellato. Sembra che Marcus parli indifferentemente di giudizi e impressioni: si dice di cancellare le sue impressioni e si dice di rimuovere l'opinione (iv.7, viii.40); si dice che può sopportare ciò che la sua opinione rende sopportabile e fare ciò che le sue impressioni ritengono vantaggioso o appropriato (x.3). Ma questo non è necessario perché Marcus è confuso sulla differenza tra un'impressione e un giudizio; potrebbe semplicemente usare il termine "impressione" più liberamente, come fanno i suoi predecessori, Stoico e non Stoico. Per i predecessori: il modello di ruolo Stoic di Marcus, Epictetus, afferma che l'Iliade non è altro che impressioni e l'uso di impressioni (i.28.13). Lo stesso Marcus usa il termine 'impressione' per un riconoscimento (del proprio bisogno di essere raddrizzato, i.7), la concezione di uno standard (di una costituzione che osserva l'uguaglianza davanti alla legge) (i.14), l'impressione a la persona fa gli altri (i.15) e un aspetto - il modo in cui una cosa colpisce qualcuno (i.16). Questi sono tutti gli usi accettati del termine. Quindi è più fruttuoso chiedere: che tipo di impressione dovremmo cancellare?

I Protagora di Platone, che influenzarono notevolmente gli stoici, possono aiutarci qui. Questo testo contrappone il potere della fantasia (spesso tradotto 'apparenza') con un'arte di misurazione, la prima spesso va storta perché comparativa o prospettica (A sembra alta perché è accanto alla B molto corta; B sembra più alta di A perché è più vicina a me) e che necessitano di correzione secondo uno standard immutabile (ad esempio un righello del metro) (356b – 57a). Il fatto che Marcus possa trovare gli stessi difetti di prospettiva nelle impressioni è suggerito indirettamente dalle correzioni che prescrive: ispeziona le tue impressioni (ii.7, iii.6, v.22, viii.13, viii.26); metterli alla prova "materializzando, eticizzando, dialettizzando" (viii.13), vale a dire vedendo come vanno quando vengono messi alla prova contro il tuo fisico, etico,e comprensione dialettica, tutti i quali sono informati da un'immagine del tutto. In xii.18, si dice:

Guarda sempre il tutto: cos'è quella cosa che ti dà una tale impressione e annullala, distinguendola nella sua causa, nella sua materia, nel suo punto, nel tempo entro il quale deve finire.

Nella misura in cui le impressioni sono involontarie, Marcus "cancella" può significare "sostituzione". Potrebbe dire: ai fini dell'azione e della risposta, spazzare via l'influenza di tali e tali impressioni (i Protagora di Platone, allo stesso modo, parlano di rendere non autoritario il potere dell'apparenza [356e]); concentrati invece sulla tua comprensione del tutto, che ti darà un'impressione diversa. Tuttavia, l'immagine della mente degli stoici come una tavoletta di cera colpita da forme diverse dà un punto particolare per parlare di "cancellazione". Il lavoro che Marcus sta facendo è di sostituire un'impressione inadeguata con un'altra impressione, questa meglio fondata su una comprensione della realtà. Forse fare il secondo segno richiede di cancellare il primo o forse fare il secondo segno è un mezzo per cancellare il primo,poiché può darsi che il rifiuto dell'assenso dalle impressioni convincenti richieda di contrastarle con gli altri.

Alla v.16, Marcus afferma che la propria mente avrà lo stesso carattere delle impressioni che ha. Sembra ingiusto, se le impressioni sono del tutto involontarie. Marcus potrebbe pensare che, sebbene involontarie nel momento, le impressioni siano soggette a controllo a lungo termine. Forse se continuo a rifiutare di dare il mio assenso alla mia attuale impressione che la ricchezza sia buona, la ricchezza alla fine cesserà di apparire come buona. Inoltre, non è plausibile che il carattere e l'opinione di un individuo influenzino le proprie impressioni, specialmente nel caso di impressioni valutative (come quella x sia buona o da preferire) e delle impressioni che richiedono una certa esperienza (come quella y il pedale per un telaio per piedi).

5. conclusione

Come accennato in precedenza (1.1), le Meditazioni di Marcus toccano molti più argomenti rispetto a quelli trattati qui, ma possiamo capire meglio Marcus se ci concentriamo su un argomento e vediamo come le sue osservazioni su quell'argomento sono correlate al suo progetto generale di ricordare se stesso come dovrebbe vivere uno stoico. Varrebbe la pena di risolverlo per gli altri delle sue frequenti osservazioni, come ad esempio che siamo piccoli e temporanei frammenti nel cosmo, che la morte ci porta alla fine, che dovremmo vivere intenzionalmente piuttosto che come giocattoli meccanici.

Bibliografia

Letteratura primaria

Opere di Marco Aurelio: testi e traduzioni

  • Marci Aurelii Antonini. Ad se ipsum libri XII, J. Dalfen (ed.), Lipsia: Teubner, 1979.
  • Marco Aurelio, CRHaines (a cura di), Biblioteca classica di Loeb, 1930.
  • Marc-Aurèle Pensées, AI Trannoy (ed.), Parigi: Belles Lettres, 1975.
  • Marc-Aurèle. Écrits pour lui-même (Tome I), P. Hadot e C. Luna (a cura di), Parigi: Belles Lettres, 1998.
  • Le meditazioni dell'Imperatore Marco Antonino (2 volumi), ASL Farquharson (ed. E trans.), Oxford: Clarendon Press, 1944.
  • Marcus Aurelius: Meditations (Libri 1–6), C. Gill (trans.), Oxford: Oxford University Press, 2013.
  • Marcus Cornelius Fronto (2 volumi), CR Haines (a cura di), Biblioteca classica di Loeb, 1919.

Altre fonti antiche

  • Arius Didymus, Epitome of Stoic Ethics, AJ Pomeroy (ed. E trans.), Society of Biblical Literature (Texts and Translations 44, Graeco-Roman 14), 1999.
  • Cicerone, On Ends, H. Rackham (trans.), Biblioteca classica di Loeb, 1914.
  • –––, On Duties, W. Miller (trans.), Biblioteca classica di Loeb, 1913.
  • Diogenes Laertius, Lives of Eminent Philosophers (Volume 2), RD Hicks (trans.), Biblioteca classica di Loeb, 1925.
  • Epictetus, Discourses, Manual and Fragments (2 volumi), WA Oldfather (trans.), Loeb Classical Library, 1925.
  • Platone, Complete Works, J. Cooper e D. Hutchinson (a cura di), Indianapolis: Hackett, 1997.
  • Seneca VI, Lettere 93–124, RW Gummere (trans.), Biblioteca classica di Loeb, 1925.

Frammenti raccolti

  • Long, AA e DN Sedley, 1987. The Hellenistic Philosophers (2 volumi), Cambridge: Cambridge University Press.
  • Von Arnim, H., 1968. Stoicorum Veterum Fragmenta (Volume III: Chrysippi Fragmenta Moralia), Stoccarda: Teubner.

Letteratura secondaria

  • Ackeren, M. van, 2011. Die Philosophie Marc Aurels (2 volumi), Berlino: De Gruyter.
  • Ackeren, M. van, 2012. Un compagno di Marcus Aurelius, West Sussex: Wiley-Blackwell.
  • Annas, J., 1993. The Morality of Happiness, Oxford: Oxford University Press.
  • –––, 1995. "Risposta a Cooper," Filosofia e ricerca fenomenologica, 55: 599–610.
  • –––, 2004. "Marco Aurelio: etica e le sue origini", Rhizai. A Journal for Ancient Philosophy and Science, 2: 103–119.
  • Asmis, E., 1989. "Lo stoicismo di Marco Aurelio", Austieg und Niedergang der Römischen Welt, II.36.3: 2228–2252.
  • Barney, R., 2003. "Un enigma nell'etica stoica", Oxford Studies in Ancient Philosophy, 24: 303–340.
  • Brennan, T., 2005. The Stoic Life, Oxford: Oxford University Press.
  • –––, 1996. 'Impressioni ragionevoli nello stoicismo', Phronesis, 41: 318–334.
  • Brunt, Pennsylvania, 1974. "Marco Aurelio nelle sue meditazioni", Journal of Roman Studies, 64 (1): 1–20.
  • Cooper, JM, 2004. "Teoria morale e miglioramento morale: Marco Aurelio", in J. Cooper, Conoscenza, Natura e bene, Princeton: Princeton University Press, 335–368.
  • –––, 1995. "L'eudaimonismo e l'appello alla natura nella moralità della felicità: commenti su Julia Annas, La moralità della felicità," Filosofia e ricerca fenomenologica, 55: 587–598.
  • Farquharson, ASL, 1951. Marcus Aurelius: La sua vita e il suo mondo, New York: William Salloch.
  • Gourinat, J., 2012. "La forma e la struttura delle meditazioni" in van Ackeren (a cura di) Compagno di Marco Aurelio, 317–332.
  • Hadot, P., 1998. The Inner Citadel: The Meditations of Marcus Aurelius, M. Chase (trans.), Cambridge, MA: Harvard University Press.
  • Klein, J., 2015. 'Sense of Stoic Indifferents,' Oxford Studies in Ancient Philosophy, 49: 227–279.
  • Reydams-Schils, G., 2005. The Roman Stoics: Self, Responsibility and Affection, Chicago: University of Chicago Press.
  • Rist, J., 1982. 'Sei uno stoico? Il caso di Marco Aurelio, 'in BF Meyer e EP Sanders (a cura di), auto-definizione ebraica e cristiana, Filadelfia: Fortress Press, 23–45.
  • Rutherford, RB, 1989. Le meditazioni di Marco Aurelio. Uno studio, Oxford: Oxford University Press.
  • Striker, G., 1996. 'Seguendo la natura', in G. Striker, Saggi di epistemologia ed etica ellenistica, Cambridge: Cambridge University Press, 221–280.

Strumenti accademici

icona dell'uomo sep
icona dell'uomo sep
Come citare questa voce.
icona dell'uomo sep
icona dell'uomo sep
Visualizza l'anteprima della versione PDF di questa voce presso Friends of the SEP Society.
icona di inpho
icona di inpho
Cerca questo argomento nell'Internet Philosophy Ontology Project (InPhO).
icona di documenti phil
icona di documenti phil
Bibliografia avanzata per questa voce su PhilPapers, con collegamenti al suo database.

Altre risorse Internet

  • Le meditazioni di Marco Aurelio, tradotto da George Long
  • Le meditazioni, al progetto Gutenberg