Categorie

Sommario:

Categorie
Categorie

Video: Categorie

Video: Categorie
Video: NGA'KUMBE - CHACUN SA CATEGORIE (Clip Officiel) 2024, Marzo
Anonim

Questo è un file negli archivi della Stanford Encyclopedia of Philosophy.

categorie

Pubblicato per la prima volta il 3 giugno 2004; revisione sostanziale lun 5 gen 2009

Un sistema di categorie è un elenco completo dei più alti tipi o generi. Tradizionalmente, seguendo Aristotele, questi sono stati pensati come i più alti generi di entità (nel senso più ampio del termine), così che un sistema di categorie intrapreso in questo spirito realista fornirebbe idealmente un inventario di tutto ciò che esiste, rispondendo così al più base di domande metafisiche: "Che cosa c'è?" Lo scetticismo sulle possibilità di discernere le diverse categorie della "realtà stessa" ha portato gli altri ad avvicinarsi ai sistemi di categorie non con l'obiettivo di catalogare i più alti tipi nel mondo stesso, ma piuttosto con l'obiettivo di chiarire le categorie del nostro sistema concettuale. Così Kant fa il passaggio a un approccio concettualista disegnando le categorie che sono a priori necessarie per ogni possibile conoscenza degli oggetti. Poiché tali categorie sono garantite per qualsiasi possibile oggetto cognitivo, mantengono un certo tipo di importazione ontologica, sebbene questa applicazione sia limitata ai fenomeni, non alla cosa in sé. Dopo Kant, è stato comune avvicinarsi al progetto di categorie in uno spirito neutrale che Brian Carr (1987, 7) chiama "descrittivismo categorico", come descrivendo la struttura categoriale che il mondo avrebbe secondo il nostro pensiero, esperienza o linguaggio, astenendosi dal prendere impegni sull'opportunità o meno di occupare queste categorie. Edmund Husserl si avvicina alle categorie in questo modo, dal momento che inizia definendo categorie di significati, che possono quindi essere utilizzate per disegnare categorie ontologiche (categorie di possibili oggetti intesi) come correlati delle categorie di significato,senza preoccupazioni per qualsiasi questione empirica sull'esistenza o meno di oggetti delle varie categorie ontologiche.

Un sistema di categorie ontologiche elaborato in una di queste modalità ha il potenziale per molti usi filosofici, ma coloro che offrono tali sistemi di categorie affrontano anche una varietà di difficoltà. Devono affrontare la questione di quali siano i metodi adeguati per mezzo di quali categorie devono essere distinte, quante categorie ci sono e quali sono, indipendentemente dal fatto che esista o meno un singolo genere summum che comprenda tutte le altre categorie e un unico sistema di categorie o dimensioni multiple di categorie-problemi su cui c'è stato poco accordo.

Negli ultimi cento anni, lo scetticismo sulla possibilità di offrire un sistema unicamente vero e completo di categorie ontologiche ha portato la discussione delle categorie a passare dai tentativi di offrire sistemi completi di categorie ai tentativi semplicemente di tracciare distinzioni particolari, specialmente tra i nostri concetti o linguistici categorie. Lavorare sulle differenze di categoria, diversamente da quello sui sistemi di categoria, non pretende generalmente di rispondere a profonde domande metafisiche su quali cose o tipi di cose esistono; invece, le differenze di categoria sono articolate come un modo per diagnosticare ed evitare vari problemi filosofici e confusioni. Tuttavia, anche coloro che si limitano a discutere delle differenze di categoria devono rendere conto delle condizioni in cui due concetti, termini o oggetti appartengono a categorie diverse.

  • 1. Sistemi di categoria

    • 1.1 Realismo aristotelico
    • 1.2 Concettualismo kantiano
    • 1.3 Descrittivismo husserliano
    • 1.4 Sistemi di categoria contemporanea
    • 1.5 Scetticismo sui sistemi di categoria
    • 1.6 Categorie in altre discipline
  • 2. Differenze di categoria

    • 2.1 Gli usi delle distinzioni di categoria
    • 2.2 Il metodo di distinzione tra categorie di Ryle / Husserl
    • 2.3 Il metodo Dummett / Frege per distinguere le categorie
  • Bibliografia
  • Altre risorse Internet
  • Voci correlate

1. Sistemi di categoria

1.1 Realismo aristotelico

L'interesse filosofico per le categorie può essere ricondotto a Aristotele che, nel suo trattato Categorie, tenta di elencare i tipi più generali in cui si dividono le entità nel mondo. Non parte da un singolo tipo più alto, ma elenca invece le seguenti dieci categorie di cose "dette senza alcuna combinazione" (Categorie 1b25):

  • Sostanza (ad es. Uomo, cavallo)
  • Quantità (ad es. Quattro piedi, cinque piedi)
  • Qualità (ad es. Bianco, grammaticale)
  • Relazione (ad esempio, doppia, metà)
  • Luogo (ad esempio, nel Lyceum, nel mercato)
  • Data (ad es. Ieri, l'anno scorso)
  • Postura (ad esempio, sta mentendo, è seduto)
  • Stato (ad esempio, ha le scarpe, ha l'armatura)
  • Azione (ad es. Taglio, masterizzazione)
  • Passione (ad esempio, essere tagliato, essere bruciato)

Esistono due tipi di sostanza: una sostanza primaria è, ad esempio, un singolo uomo o cavallo; le specie (e generi) di questi individui (es. uomo, animale) sono sostanze secondarie. Mentre le dieci categorie sono tutte ugualmente di tipo più elevato, le sostanze primarie hanno comunque una certa priorità, dal momento che “tutte le altre cose sono dette delle sostanze primarie come soggetti o in esse come soggetti. Quindi, se le sostanze primarie non esistessero, sarebbe impossibile che esistano altre cose”(Categorie 2b4).

Altrove, in Metafisica (998b22), Aristotele sostiene esplicitamente che non può esserci un genere più elevato (ad esempio, di essere o unità) condiviso da entità di diverse categorie (cfr. Ackrill 1963, 81). Poiché una specie è definita in termini del suo genere e della sua differenziazione (ad esempio, l'uomo è definibile come un animale che è razionale), e mentre il genere (animale) può essere predicato della specie (uomo), non può essere predicato di la differentia (razionale). Di conseguenza, se essere (o unità) fosse un genere, non si potrebbe dire che nessuna differenziazione abbia (o essere uno); ma "le differenziazioni di qualsiasi genere devono avere entrambi essere ed essere uno" (Metaphysics 998b22-3).

L'antico termine greco "kategoria" descriveva ciò che si poteva dire contro qualcuno in un tribunale, e in effetti Aristotele usa ciò che si può dire o in un argomento come un percorso per distinguere le categorie. Più precisamente, è arrivato al suo elenco di categorie distinguendo "diverse domande che possono essere poste su qualcosa" e osservando "che solo una gamma limitata di risposte può essere adeguatamente data a qualsiasi domanda particolare" (Ackrill 1963, 78-9). ad esempio, la domanda "che cos'è" può essere posta solo a una sostanza e solo le risposte che descrivono le sostanze sono appropriate. La domanda "quanto", al contrario, richiede una quantità per una risposta, e così via.

Ma anche se Aristotele sembra essere arrivato alle sue categorie considerando diversi tipi di domande e risposte, le categorie che stava offrendo dovevano essere categorie di entità, non di linguaggio; il linguaggio era solo un indizio per le verità sul mondo. Come scrive JL Ackrill, le Categorie di Aristotele "non riguardano principalmente o esplicitamente i nomi, ma le cose che i nomi significano … Aristotele si basa molto su fatti e prove linguistici, ma il suo scopo è scoprire verità su elementi non linguistici" (1963, 71).

L'approccio di Aristotele alle categorie è quindi nello spirito di quello che Brian Carr chiama "realismo categorico": un approccio che concepisce un sistema di categorie come un elenco dei più alti generi di esseri, in modo che un sistema completo di categorie offrirebbe un inventario sistematico di ciò che esiste, considerato al livello più astratto (sebbene non sia chiaro se Aristotele intendesse che le sue categorie fossero esaustive). Pertanto, secondo un approccio realista categorico, fornire un sistema di categorie può essere visto come uno o addirittura il compito centrale della metafisica (cfr. Grossman 1983, 3). Un tale sistema di categorie può anche svolgere un ruolo centrale nel rispondere a singole domande della natura, fornendo il tipo più generale di risposta alle domande del modulo "Cos'è questo?",e fornire la base per le definizioni di tipi più ristretti di cose specificando la categoria più generale (genere) in cui rientrano le cose di questo tipo e la differenziazione che le distingue dalle altre cose della stessa categoria. Ciò è durato come l'approccio paradigmatico alle categorie, e diversi autori recenti hanno offerto nuove teorie delle categorie in questo spirito del realismo aristotelico (vedi § 1.4 di seguito).

1.2 Concettualismo kantiano

Altri, tuttavia, si sono allontanati da questo approccio fortemente realista alle categorie, generalmente per motivi di scetticismo sulla nostra capacità di discernere le divisioni intrinseche nella "realtà stessa", e hanno invece trattato il progetto di categorie come una questione di definizione delle categorie più alte governando il nostro schema concettuale. Questo cambiamento di approccio a quello che Carr (1987, 6) chiama "concettualismo categorico" è stato reso famoso da Immanuel Kant. Mentre Kant ha negato notoriamente che abbiamo accesso alle divisioni intrinseche (se presenti) della cosa in sé che sta dietro apparenze o fenomeni, ha ritenuto che possiamo scoprire le categorie essenziali che governano la comprensione umana, che sono la base per ogni possibile cognizione di fenomeni. Quindi, come dice HJ Paton, per Kant "Possiamo avere una conoscenza a priori per mezzo delle categorie,solo se le categorie sono dovute alla natura della mente e sono imposte dalla mente sugli oggetti che conosce”(1936, 258).

Nella sua critica alla ragion pura, Kant arriva al suo elenco di categorie elencando prima le forme di giudizio possibile (A70 / B95-A93 / B109). Da questo punto di vista, i giudizi empirici oggettivi (cioè i giudizi empirici che pretendono di riferirsi ad oggetti piuttosto che semplicemente apparenze soggettive o connessioni di impressioni sensoriali, e che pretendono di essere universalmente validi per tutti i soggetti giudicanti) sono dotati della loro obiettività e generalità in virtù dei concetti a priori incarnati nelle pertinenti forme di giudizio. Se siamo in grado di identificare tutte le possibili forme di giudizio empirico oggettivo, possiamo quindi sperare di usarle come base per scoprire tutti i concetti o le categorie più generali che sono impiegati nel formulare tali giudizi e quindi che sono impiegati in qualsiasi cognizione di oggetti (Körner 1955, 48-49).

Quindi, nel distinguere le sue categorie, Kant inizia dalla logica aristotelica delineando quattro aspetti in cui si può classificare qualsiasi giudizio: in base alla sua quantità, qualità, relazione o modalità. In ciascuno di questi aspetti o "momenti" di giudizio, ci sono tre classificazioni alternative; quindi, ad esempio, per quanto riguarda la quantità, un giudizio può essere universale, particolare o singolare; in relazione alla sua relazione, un giudizio può essere categorico, ipotetico o disgiuntivo, e così via. Questi modi aristotelici di classificare i giudizi sono l'indizio per discernere i dodici concetti correlati della comprensione. Quindi, ad esempio, osservando che tutti i giudizi sono universali (ad esempio, Tutti i cigni sono bianchi), particolari (ad esempio, Alcuni cigni sono bianchi) o singolari (ad esempio, Cygmund è bianco), possiamo arrivare alle tre corrispondenti categorie di quantità: unità,pluralità e totalità. Attraverso questa via, Kant alla fine distingue dodici concetti puri della comprensione (A80 / B106), divisi in quattro classi di tre:

  • Quantità

    • Unità
    • Pluralità
    • Totalità
  • Qualità

    • La realtà
    • Negazione
    • Limitazione
  • Relazione

    • Inerenza e sussistenza (sostanza e incidente)
    • Causalità e dipendenza (causa ed effetto)
    • Comunità (reciprocità)
  • Modalità

    • Possibilità
    • Esistenza
    • Necessità

Le categorie sono presentate come un unico elenco esaustivo, con le quattro classi di categorie che impongono quattro diverse forme di unità sull'oggetto noto (Paton 1936, 295-9). Pertanto, si può chiedere separatamente la quantità, la qualità, la relazione e la modalità di un oggetto, ricevendo una delle tre risposte secondarie in ciascun caso sulla strada per una caratterizzazione più completa dell'oggetto.

Sebbene queste siano categorie della comprensione, esse mantengono comunque un certo tipo di importanza ontologica, poiché è a priori che si applicano universalmente a tutti gli oggetti di possibile cognizione (A79 / B105). In questo modo, delineando i concetti a priori necessari per la cognizione degli oggetti, possiamo acquisire la conoscenza delle categorie che governano ogni possibile oggetto della cognizione, e quindi acquisire una sorta di insieme descrittivo di categorie ontologiche, sebbene questi debbano essere compresi esplicitamente come categorie di oggetti di possibile cognizione, non della cosa in sé. Così Kant è stato in grado di trattare il suo sistema di concetti come un sistema di categorie in qualcosa di simile al senso aristotelico, "per il nostro scopo primario è lo stesso del suo [Aristotele], sebbene ampiamente divergente da esso in termini di esecuzione" (A80 / B105). Ciò nonostante,è chiaro che per Kant le categorie trovano la loro fonte originale nei principi della comprensione umana, non nelle divisioni intrinseche nella realtà indipendente dalla mente, e sono individuabili prestando attenzione alle possibili forme di giudizio umano, non attraverso lo studio del mondo stesso, né dallo studio delle nostre maniere contingenti di parlare.

Un approccio come quello di Kant è stato difeso più recentemente da PF Strawson e altri che lo seguono, che intraprendono il progetto di "metafisica descrittiva", che si occupa di descrivere "le caratteristiche più generali della nostra struttura concettuale" (1959/1963, xiii), fornendo così risultati più generali e duraturi di quanto possano essere semplici analisi del linguaggio.

1.3 Descrittivismo husserliano

Edmund Husserl ha introdotto due tipi di innovazione nello studio delle categorie. In primo luogo, mentre Aristotele usava il linguaggio come indizio per le categorie ontologiche e Kant trattava i concetti come il percorso verso categorie di oggetti di possibile cognizione, Husserl distinse esplicitamente categorie di significati da categorie di oggetti e tentò di delineare le correlazioni simili alla legge tra categorie di ogni tipo (Smith 2007, 139ff.). In secondo luogo, mentre Aristotele e Kant presentano ciascuno un unico sistema di categorie, Husserl distingue due modi per arrivare a classificazioni ontologiche di alto livello: dalla formalizzazione e dalla generalizzazione, producendo due sistemi separati, ortogonali, di categorie, in due diverse dimensioni (cfr. Smith 2004, capitolo 8).

Husserl è attento a distinguere le categorie di significati (per mezzo delle quali possiamo pensare ai più alti tipi o "essenze" di oggetti) dalle categorie intese: queste sono le categorie di oggetti o categorie ontologiche, considerate le essenze più elevate che le entità potrebbero avere: "per" categorie "possiamo comprendere, da un lato, concetti nel senso dei significati, ma dall'altro anche, e per migliorare, le stesse essenze formali che trovano la loro espressione in questi significati" (1913 / 1962, 61-2). Ma sebbene i due tipi di categorie debbano essere distinti, secondo Husserl le categorie dei due tipi sono essenzialmente correlate (vedi sotto), quindi possiamo imparare l'uno dall'altro.

Indipendentemente dal fatto che stiamo studiando categorie di significati o di oggetti, Husserl è abbastanza chiaro che lo studio delle categorie, per lui, è una questione interamente a priori; le categorie di significati e oggetti allo stesso modo "sorgono … solo in relazione alle nostre diverse funzioni-pensiero: la loro base concreta si trova solo in possibili atti di pensiero, come tali, o nei correlati che possono essere colti in questi" (1913 / 2000, 237). Come afferma in seguito, nelle Idee, lo studio delle categorie è uno studio delle essenze, basato su intuizioni essenziali sui tipi di significati e sui tipi di cose correlativi. Tali studi sull'essenza possono essere condotti mediante una variazione immaginativa dei casi, indipendentemente da qualsiasi fatto, incluso se si sia effettivamente distinto qualcosa dei tipi ontologici (1913/1962, 51). Quindi le categorie ontologiche di Husserl, in questo senso, sono categorie descrittive delle più alte essenze di cose possibili (che potrebbero rientrare in quelle essenze), e non pretendono di fornire un inventario di ciò che le cose realmente esistono (come una questione di fatto empirico).

Husserl fornisce una vasta discussione delle categorie di significato nelle Ricerche logiche, sostenendo che le differenze nelle categorie di significato (che sembrano essere più simili alle categorie sintattiche che semantiche) possono essere distinte osservando dove le sciocchezze derivano dalla sostituzione di un termine con un altro. Ad esempio, nella frase "Questo albero è verde" possiamo sostituire "sedia", ma non "incurante", per "albero" senza trasformare il senso in assurdità, segnando la differenza tra le categorie di significato di materiale nominativo e materiale aggettivale (1913 / 2000, 511-512). La comprensione di "assurdità" di Husserl è piuttosto rigorosa: conta solo quelle stringhe di parole sintatticamente errate (in modo che formino un semplice "mucchio di parole" e non possano essere combinate in alcun significato unificato (Husserl 1913/2000, 522)) come strettamente privo di senso,e quindi come segni di differenze nelle categorie di significato. (Husserl distingue ripetutamente l'assurdità di formazioni verbali come "un giro o" (in cui non emerge alcun significato unificato) da casi di semplice assurdità come "un quadrato rotondo", in cui l'espressione ha un significato unificato, sebbene sia a priori che nessun oggetto può corrispondere all'espressione (1913/2000, 516-17)).

Correlate alle categorie di significati sono le categorie ontologiche; per esempio, oggetto, stato di cose, unità, pluralità, numero e relazione sono categorie (formali) che categorizzano oggetti, non significati (Husserl 1913/2000, 237). Le categorie dei due tipi sono, secondo Husserl, collegate da "leggi ideali". Pertanto, ad esempio, presumibilmente gli oggetti sono i correlati ontologici della categoria di significato delle espressioni nominative, le proprietà sono i correlati ontologici delle espressioni aggettivali e gli stati di cose sono i correlati ontologici delle proposizioni. Quindi, sebbene Husserl non esponga esplicitamente un metodo per discernere le categorie ontologiche, può darsi che possiamo derivarle partendo dal precedente test senza senso per distinguere le categorie di significato,e quindi spostare l'attenzione sulle categorie ontologiche correlative, poiché "le verità pure riguardanti il significato possono essere trasformate in pure verità riguardanti l'oggetto" (1913/1962, 61).

Oltre a distinguere esplicitamente le categorie di significati dalle categorie degli oggetti correlati che potrebbero eventualmente essere "significati", Husserl ha introdotto una seconda innovazione nello studio delle categorie distinguendo le essenze formali più elevate (che Husserl chiama "categorie") dalle essenze materiali più elevate (che chiama "regioni") (1913/1962, §10; cfr. Smith 1995, 329-330 e Smith 2007, 142-148). Finora ho descritto le categorie ontologiche formali, i correlati delle diverse categorie di significato distinguibili dal test senza senso. In effetti, Husserl riserva il termine "categoria" per i generi formali più elevati, che si distinguono per un processo di formalizzazione - una rimozione del contenuto. Queste "essenze categoriche" iniziano con "oggetto in generale" nella parte superiore dell'albero,che viene quindi diviso al livello successivo in categorie che includono (a titolo esemplificativo) oggetto, situazione, proprietà, relazione, numero, ecc. (confrontare gli elenchi 1913/2000, 237 e 1913/1962, 61). Proprio come Aristotele distinse sostanze primarie (indipendenti) da cose (dipendenti) di altri tipi, all'interno delle sue categorie formali Husserl distingue la categoria "substrativa" di individui (o, più propriamente, il semplice qui-là) dalle "oggettività sintattiche" dipendenti -i correlati di termini nominativi derivati da modi in cui parliamo delle sostanze primarie (1913/1962, 62-3 e 67) (come, ad esempio, il termine nominativo "questa relazione di luminosità" può essere derivato da affermazioni che "A è più luminoso di B" (1913/2000, 797-8)).237 e 1913/1962, 61). Proprio come Aristotele distinse sostanze primarie (indipendenti) da cose (dipendenti) di altri tipi, all'interno delle sue categorie formali Husserl distingue la categoria "substrativa" di individui (o, più propriamente, il semplice qui-là) dalle "oggettività sintattiche" dipendenti -i correlati di termini nominativi derivati da modi in cui parliamo delle sostanze primarie (1913/1962, 62-3 e 67) (come, ad esempio, il termine nominativo "questa relazione di luminosità" può essere derivato da affermazioni che "A è più luminoso di B" (1913/2000, 797-8)).237 e 1913/1962, 61). Proprio come Aristotele distinse sostanze primarie (indipendenti) da cose (dipendenti) di altri tipi, all'interno delle sue categorie formali Husserl distingue la categoria "substrativa" di individui (o, più propriamente, il semplice qui-là) dalle "oggettività sintattiche" dipendenti -i correlati di termini nominativi derivati da modi in cui parliamo delle sostanze primarie (1913/1962, 62-3 e 67) (come, ad esempio, il termine nominativo "questa relazione di luminosità" può essere derivato da affermazioni che "A è più luminoso di B" (1913/2000, 797-8)).il semplice qui-là) dalle "oggettività sintattiche" dipendenti - i correlati di termini nominativi che sono derivati dai modi in cui parliamo delle sostanze primarie (1913/1962, 62-3 e 67) (come, ad esempio, il nominativo il termine "questa relazione di luminosità" può essere derivato da affermazioni secondo cui "A è più luminosa di B" (1913/2000, 797-8)).il semplice qui-là) dalle "oggettività sintattiche" dipendenti - i correlati di termini nominativi che sono derivati dai modi in cui parliamo delle sostanze primarie (1913/1962, 62-3 e 67) (come, ad esempio, il nominativo il termine "questa relazione di luminosità" può essere derivato da affermazioni secondo cui "A è più luminosa di B" (1913/2000, 797-8)).

Le categorie materiali di Husserl, al contrario, classificano le entità in base alla loro natura o essenza, con i generi materiali più elevati che devono essere raggiunti da un processo di generalizzazione al tipo più generale di contenuto coinvolto, piuttosto che dalla formalizzazione che comporta uno svuotamento di tutti contenuto (1913/1962, 65). Le categorie materiali più elevate sono le tre regioni: natura (compresi oggetti ed eventi fisici), cultura (compresi artefatti, entità sociali e valori) e coscienza (cfr. Smith 2004). Mentre i sistemi di categorie formali e materiali formano ciascuno una gerarchia (1913/1962, 64), considerate congiuntamente le loro categorie non si escludono a vicenda, dal momento che la stessa entità può essere classificata in termini di natura materiale o forma. Per ulteriori discussioni sulle categorie di Husserl, vedi Smith (2007, 135-161).

Husserl non è in alcun modo esplicito sul metodo corretto per distinguere le categorie ontologiche materiali, ma distingue l'assurdità materiale dall'assurdità formale e dalle assurdità formali che segnano la differenza nelle categorie di significato (1913/2000, 523). Le espressioni sono formalmente assurde se è a priori che nessun oggetto possa corrispondere ad esse, basato esclusivamente su leggi logiche formali, senza riguardo a quali particolari concetti materiali sono impiegati, ad esempio, "una cosa rotonda non rotonda" è formalmente assurda; la sua assurdità rimarrebbe indipendentemente da quale aggettivo abbiamo sostituito per "round" o quale nome per "cosa". D'altro canto, le espressioni sono materialmente assurde se l'impossibilità che esista un oggetto corrispondente si basa sui particolari concetti materiali impiegati, ad es."un quadrato rotondo" è un'espressione materialmente assurda basata sui significati particolari di "rotondo" e "quadrato". Quindi presumibilmente si potrebbe tentare di distinguere le categorie ontologiche materiali dall'assurdità materiale che deriva dalla sostituzione di espressioni con oggetti di diverso tipo materiale; "una tavola rotonda", ad esempio, ha perfettamente senso, ma se sostituiamo a "tavola" un termine per una figura geometrica come "quadrato" o per un giorno della settimana come "giovedì", otteniamo un assurdo materialmente dichiarazione (a cui è a priori che nulla corrisponde). Come vedremo nel §2.2 di seguito, Gilbert Ryle ha sviluppato il test senza senso di Husserl per le differenze di categoria in qualcosa del genere. Quindi presumibilmente si potrebbe tentare di distinguere le categorie ontologiche materiali dall'assurdità materiale che deriva dalla sostituzione di espressioni con oggetti di diverso tipo materiale; "una tavola rotonda", ad esempio, ha perfettamente senso, ma se sostituiamo a "tavola" un termine per una figura geometrica come "quadrato" o per un giorno della settimana come "giovedì", otteniamo un assurdo materialmente dichiarazione (a cui è a priori che nulla corrisponde). Come vedremo nel §2.2 di seguito, Gilbert Ryle ha sviluppato il test senza senso di Husserl per le differenze di categoria in qualcosa del genere. Quindi presumibilmente si potrebbe tentare di distinguere le categorie ontologiche materiali dall'assurdità materiale che risulta dalla sostituzione di espressioni con oggetti di diverso tipo materiale; "una tavola rotonda", ad esempio, ha perfettamente senso, ma se sostituiamo a "tavola" un termine per una figura geometrica come "quadrato" o per un giorno della settimana come "giovedì", otteniamo un assurdo materialmente dichiarazione (a cui è a priori che nulla corrisponde). Come vedremo nel §2.2 di seguito, Gilbert Ryle ha sviluppato il test senza senso di Husserl per le differenze di categoria in qualcosa del genere.otteniamo un'affermazione materialmente assurda (alla quale è a priori che nulla corrisponde). Come vedremo nel §2.2 di seguito, Gilbert Ryle ha sviluppato il test senza senso di Husserl per le differenze di categoria in qualcosa del genere.otteniamo un'affermazione materialmente assurda (alla quale è a priori che nulla corrisponde). Come vedremo nel §2.2 di seguito, Gilbert Ryle ha sviluppato il test senza senso di Husserl per le differenze di categoria in qualcosa del genere.

Roman Ingarden (1960/1964, 22 ss) fece avanzare ulteriormente l'ontologia multidimensionale di Husserl. Come Husserl, ha distinto le categorie formali dalle categorie materiali, ma ha anche distinto le categorie in una terza dimensione: categorie esistenziali (quelle che descrivono il modo di essere di un'entità). Le categorie esistenziali più elevate nell'elenco di Ingarden sono il reale (essere spazio-temporale), l'ideale (astratto), l'assoluto (completamente indipendente, atemporale) e puramente intenzionale (dipendente dalla coscienza). Mentre qualsiasi entità concepibile dovrebbe essere localizzabile in modo univoco in una singola categoria di ogni dimensione, i tre tipi di ontologia sono reciprocamente ortogonali, fornendo diversi modi più astratti di considerare l'entità putativa in questione. Pertanto, ad esempio, una scultura potrebbe essere classificata formalmente come un oggetto, materialmente come un'opera d'arte,ed esistenzialmente come puramente intenzionale.

1.4 Sistemi di categoria contemporanea

Entro la metà del ventesimo secolo, i sistemi di categorie ontologiche erano in qualche modo fuori moda (per ragioni che discuterò nel §1.5 di seguito), con la maggior parte delle discussioni sulle categorie che si spostano semplicemente sull'articolazione delle differenze di categoria piuttosto che delineare un sistema globale di categorie. Tuttavia, negli ultimi anni ci sono stati molti tentativi notevoli di offrire nuovi sistemi di categorie nello spirito realista o descrittivista, anche se esiste un piccolo accordo su quali siano le categorie o su come si possa decidere tra sistemi concorrenti.

Ingvar Johansson (1989) e Roderick Chisholm (1996) adottano entrambi un approccio realista neo-aristotelico alle categorie, tentando di delineare un sistema completo delle categorie, dove si intende fornire un elenco di categorie di entità reali nel mondo. Ingvar Johansson insiste esplicitamente sul fatto che il suo interesse è per il mondo: “Questo libro è un libro sul mondo. Mi occupo di ontologia, non solo di linguaggio "(1989, 1), e tenta di offrire" una teoria realista di categorie considerate aspetti reali dell'essere "(1989, 2). La sua lista (1989, 20) comprende nove categorie principali (alcune delle quali si suddividono ulteriormente):

  • Spazio tempo
  • Stato delle cose
  • Qualità

    • Sostanza
    • Proprietà
  • Relazione esterna
  • Relazione a terra
  • Inerzia
  • Spontaneità
  • Tendenza
  • L'intenzionalità

    • Vero

      • di presentazione
      • Rappresentativo
    • Immaginario

A differenza di Aristotele, Johansson non fa esplicito uso del linguaggio in discernenti categorie ontologiche, facendo invece appello al metodo dell'astrazione successiva (Johansson 1989, 1-2). Pertanto, ad esempio, arriviamo alla categoria "qualità" spostandoci verso l'alto in astrazione da una particolare tonalità di rosso scuro, rosso, colore e infine qualità. Allo stesso modo (per usare un esempio di Sellar) si potrebbe tentare di arrivare alla categoria di "sostanza" considerando una singola entità, diciamo, Fido, e spostandosi per successiva astrazione da "Fido è un bassotto" attraverso "Fido è un cane "E" Fido è un animale ", raggiungendo infine" Fido è una sostanza "(1970/1974, 321). Come le categorie di Aristotele, le categorie di Johansson completano con un certo numero di distinzioni senza una singola categoria più alta che le sommi tutte.

Come Aristotele e Johansson, e Roderick Chisholm presenta il suo lavoro su categorie come "a proposito delle ultime categorie di realtà" (1996, 3). A differenza di loro, tuttavia, Chisholm (1996, 3) definisce le categorie sotto forma di un albero di porfirio a partire da un'unica categoria più generale che comprende tutto, ma divisa in generi successivamente più stretti a livelli di ramificazione più bassi. (Per una discussione interessante sul fatto che termini generali come "entità" o "cosa" possano essere visti come nominare una categoria più alta, vedere Thompson 1957, cfr. §2.3 di seguito). Il sistema di categorie di Chisholm così recita:

  • entia

    • Contingente

      • stati

        eventi

      • Gli individui

        • confini
        • sostanze
    • Necessario

      • stati
      • Nonstates

        • attributi
        • Sostanza

Altri autori contemporanei hanno affrontato il tema delle categorie in uno spirito puramente descrittivo. Reinhardt Grossman, per esempio, distingue otto categorie più alte (1983, xvi):

  • Gli individui
  • Proprietà
  • Relazioni
  • Classi
  • strutture
  • quantificatori
  • I fatti
  • Negazione

Ma sebbene Grossman caratterizzi il suo libro come un tentativo di "aggiornare le Categorie di Aristotele" (1983, xv), è esplicito nel negare che sta facendo affermazioni sul fatto che ci siano o meno cose appartenenti a una delle otto categorie che distingue, portando questo al di là del campo di applicazione dell'ontologia (1983, 10-12).

Joshua Hoffman e Gary Rosenkrantz (1994) definiscono un sistema di categorie a forma di albero, con entità il genere summum, suddiviso in astratto e concreto (piuttosto che contingente e necessario di Chisholm), ognuna delle quali è ulteriormente suddivisa:

  • Entità

    • Astratto

      • Proprietà
      • Relazione
      • Proposizione
    • Calcestruzzo

      • Evento
      • Tempo
      • Posto
      • Sostanza

        • Oggetto materiale
        • Spirito
      • Limite
      • Collezione
      • Privazione
      • Tropo

Anch'essi offrono esplicitamente il loro sistema di categorie nello spirito della descrizione categoriale, offrendo un'analisi delle varie possibili categorie di essere, piuttosto che fare affermazioni su quale di queste categorie non sia vuota (1994, 7-8).

EJ Lowe considera le categorie come "che tipo di cose possono esistere e coesistere" (2006, 5). Tali categorie, sostiene, devono essere individuate in base all'esistenza e / o alle condizioni di identità dei loro membri; le categorie fondamentali sono quelle per le quali le condizioni di esistenza e identità per i loro membri non possono essere specificate in modo esaustivo in termini di relazioni di dipendenza ontologica che intrattengono con entità di altre categorie (2006, 8). Di conseguenza, sostiene che ci sono quattro categorie ontologiche fondamentali: oggetti (singole sostanze come Fido), modalità (proprietà o istanze di relazione come le quattro zampe di Fido), tipi (universali sostanziali come il tipo cane) e attributi (proprietà o universali di relazione, come essere a quattro zampe). Ma sebbene sostenga che ci sono esattamente quattro categorie fondamentali, Lowe adotta comunque un approccio gerarchico per organizzare le categorie. Le quattro categorie fondamentali compaiono al terzo livello della sua carta gerarchica; le categorie che appaiono ai livelli più alti (particolari e universali al secondo livello; entità nella parte superiore) sono "semplici astrazioni e non svolgono un serio lavoro ontologico per conto proprio" (2006, 39). Il suo grafico più completo delle categorie appare come segue:39). Il suo grafico più completo delle categorie appare come segue:39). Il suo grafico più completo delle categorie appare come segue:

  • Entità

    • particolari

      • Oggetti

        • sostanze
        • Non sostanze
      • Modalità (monadiche e relazionali)
    • universali

      • tipi
      • Attributi (proprietà e relazioni)

1.5 Scetticismo sui sistemi di categoria

Sia i sistemi di categorie realisti sia quelli descrittivi, almeno come presentati tradizionalmente, sembrano presupporre che esista una vera risposta unica alla domanda su quali categorie di entità ci sono - in effetti la scoperta di questa risposta è l'obiettivo della maggior parte di tali indagini in categorie ontologiche. Grossman, per esempio, sostiene che un elenco di categorie deve essere completo, contenere tutto, con tutto al suo posto (1983, 4). Allo stesso modo Johansson considera il suo progetto come "sviluppare un sistema coerente di tutte le categorie più astratte necessarie per dare una vera descrizione del mondo" (1989, 1). Argomenti su quale dei molti sistemi di categorie offerti sia corretto sembrano presupporre che esista un elenco di categorie unicamente corretto.

Ma i sistemi di categorie attuali offerti variano così tanto che anche un breve sondaggio di sistemi di categorie precedenti come quello sopra può minare la convinzione che si possa trovare un sistema di categorie così unico, vero e completo. Data una tale diversità di risposte alla domanda su quali siano le categorie ontologiche, con quali criteri potremmo eventualmente scegliere tra loro per determinare quale sia unicamente corretta?

Alcuni standard minimi di adeguatezza si suggeriscono immediatamente (Butchvarov 1995, 75). Sia che si adotti un approccio realista o descrittivo alla fornitura di un sistema di categorie, se si suppone che tale sistema sia completo, deve chiaramente soddisfare almeno lo standard di essere esaustivo, fornendo una categoria per tutto ciò che esiste (sull'approccio realista) o potrebbe essere (sull'approccio descrittivo). Tuttavia, si può, come Hoffman e Rosenkrantz (1994, 140) e Lowe (2001, 180), presentare un sistema di alcune categorie fondamentali senza considerarlo esaustivo.

Un altro criterio minimo di adeguatezza è generalmente considerato che le categorie più alte (o, per i sistemi ad albero, le categorie ad ogni livello di ramificazione) si escludano a vicenda, garantendo che qualunque cosa ci sia (o potrebbe essere) trova il suo posto esattamente in uno più alto categoria o una categoria per ogni livello (Chisholm 1989, 162). (Ciò consente comunque le categorie nidificate, in modo che qualcosa possa appartenere sia a una categoria più specifica come la sostanza sia a una categoria più generale come l'individuo.)

Ma questi criteri non sono sufficienti per fornire la rassicurazione necessaria. Innanzitutto, non abbiamo la certezza che la maggior parte dei sistemi di categoria proposti soddisfi anche queste condizioni minime. Come accennato in precedenza, Aristotele ha delineato le sue categorie in gran parte considerando i tipi di domande che potrebbero essere poste (e i tipi di risposta appropriati per loro). È difficile sapere, tuttavia, come si possa essere certi che siano stati esaminati tutti i tipi di domande, e così difficile sapere che è stato offerto un elenco esaustivo di categorie - un punto che Aristotele non tenta di dimostrare (Ackrill 1963, 80 -81). In effetti, il fatto che Aristotele fornisca elenchi diversi di categorie in luoghi diversi suggerisce che non ha considerato il suo elenco definitivo ed esaustivo. Allo stesso modo,Il sistema di categorie di Kant può essere considerato esaustivo solo finché l'elenco delle forme di giudizio da cui le deriva esaurisce le possibili forme di giudizio, ma abbiamo motivo di pensare che non sia così (Körner 1955, 50). Johansson, come abbiamo visto, usa invece il metodo dell'astrazione successiva. Ma non è chiaro in che modo seguire un tale metodo possa garantire che le categorie così distinte siano esaustive (come facciamo a sapere se abbiamo considerato qualcosa di ogni tipo più elevato se non sappiamo ancora quali sono i tipi più alti?) O anche che si escludano a vicenda. Ma non è chiaro in che modo seguire un tale metodo possa garantire che le categorie così distinte siano esaustive (come facciamo a sapere se abbiamo considerato qualcosa di ogni tipo più elevato se non sappiamo ancora quali sono i tipi più alti?) O anche che si escludano a vicenda. Ma non è chiaro in che modo seguire un tale metodo possa garantire che le categorie così distinte siano esaustive (come facciamo a sapere se abbiamo considerato qualcosa di ogni tipo più elevato se non sappiamo ancora quali sono i tipi più alti?) O anche che si escludano a vicenda.

In secondo luogo, anche se possiamo verificare che siano soddisfatti gli standard di mutua esclusività ed esaustività, queste sole condizioni sono troppo deboli per individuare in modo univoco un sistema di categorie. A condizione che si accetti la legge del mezzo escluso, una quantità infinita di classificazioni reciprocamente esclusive ed esaustive può essere generata a volontà: possiamo dividere le cose in spazio-temporale e in non-spazio-temporale, intenzionale e non -intenzionale, esteso e non esteso, per citare solo alcuni dei modi più rilevanti in cui le cose potrebbero essere divise. In effetti una delle fonti di perplessità sulle categorie deriva dal fatto che i filosofi hanno selezionato così tanti diversi tipi di divisione come la differenza di categoria fondamentale: per Cartesio, l'estensione e il pensiero (non esteso),per Chisholm il contingente e il necessario, per Hoffman e Rosenkrantz il concreto e l'astratto, e così via. Quindi un'altra ragione di scetticismo sull'esistenza di un insieme unico di categorie deriva dal fatto che le categorie dovrebbero essere i generi più astratti in base ai quali le cose (possono) rientrare. Ma da una data entità, l'astrazione può apparentemente essere fatta in una varietà di modi, anche se stiamo attenti a farlo in modo da garantire l'esclusività e l'esaustività reciproche.apparentemente l'astrazione può essere fatta in vari modi, anche se stiamo attenti a farlo in modo da garantire l'esclusività e l'esaustività reciproche.apparentemente l'astrazione può essere fatta in vari modi, anche se stiamo attenti a farlo in modo da garantire l'esclusività e l'esaustività reciproche.

I dubbi sulle possibilità di scoprire un unico sistema di categorie reali hanno portato molti a evitare del tutto i sistemi di categorie, e altri ad adottare un qualche tipo di relativismo sui sistemi di categorie che cessa di prendere sul serio i sistemi di categorie come elenchi candidati del singolo insieme di generi più alti in base al quale qualcosa cade (o potrebbe cadere). Jan Westerhoff (2005), ad esempio, sostiene che non esiste un insieme unico e assoluto di categorie ontologiche. Dal suo punto di vista, le categorie della metafisica risultano essere analoghe agli assiomi nelle teorie matematiche; in ogni caso, potrebbe esserci più di un modo per sistematizzare le nostre conoscenze da una base relativamente semplice. Il risultato è una sorta di relatività sui sistemi di categorie: "quale insieme di categorie ontologiche scegliamo è principalmente una questione di convenienza,allo stesso modo delle assiomatizzazioni specifiche della logica proposizionale o della meccanica newtoniana sono più convenienti da usare rispetto ad altre”(2005, 218). Di conseguenza, sostiene Westerhoff, dobbiamo rivalutare l'importanza delle categorie ontologiche nella metafisica - queste non dovrebbero essere considerate "le parti più fondamentali del mondo, ma … le parti più fondamentali della nostra sistematizzazione del mondo" (2005, 135).

Altri hanno preso la varietà dei sistemi di categorie esplicitamente offerti o presupposti dai filosofi come mera prova dei particolari presupposti del loro pensiero o pregiudizi della loro età, non come prova di qualcosa a che fare con il mondo e le sue divisioni. Pertanto, ad esempio, la discussione di Stephan Körner sui framework categoriali è progettata per rendere esplicito il modo in cui il framework di un pensatore classifica gli oggetti, facendo uso di determinati principi individuativi e chiarendo le sue ragioni per mantenere quel framework (1970, 10). RG Collingwood, in modo simile, considera il compito della metafisica in generale semplicemente come scoprire i "presupposti alla base della scienza ordinaria" (1940/1998).

Le preoccupazioni specifiche in merito a (1) garantire l'esclusività reciproca e l'esaustività comune delle categorie e (2) se un singolo sistema di categorie possa pretendere di essere unicamente corretto, possono tuttavia essere soddisfatte da alcuni modi di formulare categorie ontologiche. Il primo tipo di preoccupazione può essere soddisfatto assicurando che le categorie (dello stesso livello) siano definite in modo da garantire mutua esclusività ed esaustività. Pertanto, ad esempio, Thomasson (1999, capitolo 8) distingue le categorie in termini di quali relazioni di dipendenza un'entità presunta ha o manca di stati mentali (e una seconda dimensione distinta in termini di quali relazioni di dipendenza un'entità presunta ha o manca di spazio) oggetti collocati estemporaneamente),in modo che la legge del solo mezzo escluso garantisca l'esclusività reciproca e l'esaustività delle categorie distinte. (Il metodo di Dummett di distinguere le categorie fornisce un'altra strada per garantire l'esclusività reciproca, vedere §2.3 di seguito).

I sistemi multidimensionali (Husserl 1913/1962, §10; Ingarden 1960/1964, capitolo 2; Thomasson 1999, capitolo 8; Smith di prossima pubblicazione, capitolo 8) affrontano la seconda preoccupazione in una certa misura riconoscendo che le diverse dimensioni della categorizzazione sono possibili e che nessun elenco unidimensionale può pretendere di completezza. In linea di principio, i multidimensionisti possono persino accettare che non vi sia un numero fisso o un limite al numero di elenchi monodimensionali di categorie che possono esistere, sebbene ciascuno di questi elenchi possa pretendere di fornire una categorizzazione unica, corretta ed esaustiva delle entità considerate nella rispetto scelto.

In ogni caso, dati i grandi potenziali usi di un sistema di categorie (molti dei quali non dipendono dalle affermazioni secondo cui quel sistema di categorie è unicamente accettabile), non dovremmo abbandonare prematuramente i tentativi di sistemi di categorizzazione. Anche se non pensiamo a un sistema di categorie come a fornire un inventario realista di tutto ciò che esiste, un sistema di categorie definito nello spirito descrittivo fornisce un quadro all'interno del quale è possibile rispondere alle domande dell'esistenza in modo sistematico e all'ingrosso, elencando le categorie in modo che possiamo quindi intraprendere ulteriori indagini sulla presenza o meno di qualcosa di ogni tipo. Lavorare all'interno di una struttura categoriale può aiutare a garantire che qualsiasi ontologia che forniamo sia di principio e unificata, evitando decisioni ad hoc e frammentarie. Il descrittivista Le categorie di s forniscono anche uno strumento che può essere utilizzato altrove in ontologia, ad esempio per aiutare a garantire che i confronti di parsimonia siano legittimamente effettuati (esaminando quali categorie di entità sono accettate e quali negate da varie teorie) e controllando che potenziali soluzioni ai problemi metafisici non sono trascurati dall'uso tacito di un sistema di categorie non esaustivo (Thomasson 1999, Capitoli 8 e 9). In effetti, le ipotesi sulle categorizzazioni svolgono un ruolo così forte nelle discussioni filosofiche (ad esempio, discussioni sulla teoria della mente cartesiana, teorie platoniche della matematica, ecc.),che fare il lavoro sulle categorie necessarie per rendere esplicite queste ipotesi categoriche e aprirle all'esame deve rimanere un esercizio molto utile indipendentemente dai dubbi sulle prospettive di scoprire un sistema di categorie unicamente corretto.

1.6 Categorie in altre discipline

Recentemente, il lavoro sulle categorie ontologiche ha attirato l'interesse non solo dei filosofi, ma anche dell'informatica e delle scienze biomediche, dove le ontologie sono utilizzate per organizzare le conoscenze rappresentate nei sistemi di informazione (Smith 2003). In alcuni casi, le ontologie sviluppate sono specifiche del dominio (ad esempio specifiche per le informazioni mediche, informazioni geografiche, ecc.), Ma c'è stato anche un grande interesse nello sviluppo di un'ontologia "di alto livello" di categorie massimamente generali applicabili a tutti i domini specifici; sono tali ontologie di alto livello che attingono al lavoro filosofico sulle categorie ontologiche in modo più diretto, anche se le distinzioni categoriali svolgono anche un ruolo cruciale nelle ontologie specifiche del dominio.

Anche la discussione delle categorie svolge un ruolo importante nella scienza cognitiva, in cui l'obiettivo non è scoprire le categorie fondamentali dell'essere, ma piuttosto i mezzi con cui gli sperimentatori vengono a classificare il loro mondo. Qui, i dibattiti si sono incentrati sul modo in cui gli umani arrivano a raggruppare le cose in categorie - se si tratta di elenchi di caratteristiche definitive (osservabili o nascoste), somiglianza con prototipi, caratteristiche importanti ponderate probabalisticamente, ecc. I dibattiti riguardano anche la relazione tra concettuale e categorie linguistiche, quali livelli di categoria sono più elementari e se o in che misura le categorizzazioni sono coerenti tra i gruppi culturali. Per ulteriori discussioni sui dibattiti sulla categorizzazione in scienze cognitive vedere Lakoff (1987) e Rakison e Oakes (2003). Se le informazioni provenienti dalle scienze cognitive sulla nostra formazione di categorie concettuali e linguistiche abbiano qualche importanza per la nostra comprensione di quali categorie ontologiche ci siano, è di per sé una questione controversa (alla quale tornerò brevemente nella sezione 2.3 di seguito).

2. Differenze di categoria

Il recente lavoro sulle categorie è stato fortemente diretto dalla reazione allo scetticismo sulla possibilità di offrire un sistema di categorie ontologiche. Da un lato, difficoltà come quelle sopra menzionate hanno minato l'idea che si potesse sviluppare un sistema di categorie unicamente vero e completo. Di conseguenza, mentre le categorie hanno continuato a svolgere un ruolo centrale nella filosofia analitica nel secolo scorso, l'attenzione si è spostata sull'articolazione di particolari differenze di categoria, senza tentare di fornire un inventario esaustivo di categorie metafisiche o anche presupponendo che tale elenco sia possibile.

D'altra parte, una fonte ancora più influente di scetticismo sulla possibilità di stabilire un sistema di categorie ontologiche nello spirito realista deriva dal rifiuto positivista generale della metafisica: se tutti i discorsi metafisici sono insensati, allora parla di che genere di cose ci sono davvero nel mondo è solo una parte della spazzatura generale che costituisce metafisica e dibattiti su, ad esempio, se la sostanza è o meno una categoria di essere, se ci sono dieci o dodici o ventisette categorie di livello superiore, anche se non ci sono è una singola categoria più alta, ecc. sono tutti insignificanti. Inoltre, anche per i filosofi che hanno riacquistato conforto con alcune forme di discorsi metafisici, preoccupazioni naturalistiche sull'impegno ontologico verso entità astratte come qualità, relazioni, ecc.,molti hanno evitato di fornire un elenco realista di categorie che includessero tali elementi (Sellars 1970/1974, 322-3).

In risposta a tali scrupoli positivisti e naturalistici, le discussioni sulle categorie nel corso dell'ultimo secolo hanno anche teso a identificare differenze tra le categorie semantiche piuttosto che disegnare sistemi di categorie ontologiche. Quindi quando Gilbert Ryle (1949, 1938/1971) parla di categorie, non parla direttamente di categorie di entità, ma piuttosto di diversi tipi logici di concetti, in cui tali differenze di tipo sono rilevabili dalle assurdità che derivano dalla sostituzione in termini di un tipo per termini di un altro in frasi di alcuni tipi (vedi §2.2 sotto). Wilfrid Sellars, sviluppando una strategia di Ockham, sostiene esplicitamente che possiamo interpretare le dichiarazioni di categoria come dichiarazioni metalinguistiche mascherate sul ruolo di determinate espressioni (e le loro controparti funzionali in altre lingue). Secondo Sellars,"Socrate è una sostanza", ad esempio, ha il significato di "Il · Socrate · è un termine singolare mentale di base", e "Il giallo è una qualità" ha il senso di "Il · giallo" è un (un posto) predicato (in mentalese)”(1970/1974, 328) (dove la notazione“· _ ·”ha la funzione di permetterci di parlare di ruoli linguistici senza essere legati a un particolare linguaggio naturale). Di conseguenza possiamo replicare il lavoro svolto dalle tradizionali distinzioni di categoria tra, ad esempio, sostanza e qualità, senza impegnarci ontologicamente nell'esistenza di qualità o altri abstract (1970/1974, 329).328) (dove la notazione “· _ ·” ha la funzione di permetterci di parlare di ruoli linguistici senza essere legati a un particolare linguaggio naturale). Di conseguenza possiamo replicare il lavoro svolto dalle tradizionali distinzioni di categoria tra, ad esempio, sostanza e qualità, senza impegnarci ontologicamente nell'esistenza di qualità o altri abstract (1970/1974, 329).328) (dove la notazione “· _ ·” ha la funzione di permetterci di parlare di ruoli linguistici senza essere legati a un particolare linguaggio naturale). Di conseguenza possiamo replicare il lavoro svolto dalle tradizionali distinzioni di categoria tra, ad esempio, sostanza e qualità, senza impegnarci ontologicamente nell'esistenza di qualità o altri abstract (1970/1974, 329).

2.1 Gli usi delle distinzioni di categoria

Coloro che si concentrano sull'articolazione delle distinzioni di categoria piuttosto che sulla creazione di sistemi completi di categorie generalmente invocano categorie non nella speranza di fornire risposte a domande metafisiche di base come "ciò che esiste", ma piuttosto come un modo per esporre, evitare o dissolvere vari presunti errori filosofici, confusioni e paradossi.

Quindi, ad esempio, Russell e Whitehead hanno introdotto la teoria dei tipi (che potrebbe in qualche modo essere considerata una teoria delle categorie) per evitare una certa forma di paradosso trovata nella teoria degli insiemi di Fregean (dove dobbiamo considerare l'insieme putativo di tutti gli insiemi non indipendenti, che è un membro di se stesso se e solo se non è un membro di se stesso), i paradossi del bugiardo ("Questa frase è falsa", il che è vero se e solo se è falso), ecc. Sulla loro analisi, i paradossi come questi derivano dal tentativo di formare una totalità illegittima cercando di raccogliere in un'unica totalità una collezione che ha membri che presuppongono l'esistenza della totalità. Per evitare tali paradossi, dobbiamo accettare che "Qualsiasi cosa coinvolga tutta una collezione non deve far parte della collezione" (1913/1962,37) e quindi che tali totalità (che coinvolgono tutta una collezione) devono essere di un tipo superiore, creando, ad esempio, classi di insiemi di un tipo superiore rispetto a insiemi di individui, e così via, portando a una gerarchia infinita di tipi. Le affermazioni che generano paradossi di miscelazione dei tipi sono respinte in quanto mal formate e insignificanti (1913/1962).

In particolare, Ryle (1949) introdusse l'idea dell'errore di categoria come un modo per dissipare le confusioni che pensava fossero dilaganti nella teoria cartesiana della mente e quindi dissolvere molti problemi apparenti nella filosofia della mente. Secondo Ryle, si commette un errore di categoria quando si sbaglia il tipo logico o la categoria di una determinata espressione (1949, 16-17). Quindi, ad esempio, uno straniero commetterebbe un errore di categoria se osservasse i vari college, biblioteche e uffici amministrativi di Oxford, e poi chiedesse di farsi mostrare all'università. Lo straniero confonde l'università con un'altra istituzione come quelle che ha visto, quando in realtà è qualcosa di completamente un'altra categoria: "il modo in cui tutto ciò che ha già visto è organizzato" (1949, 16). L'errore di categoria dietro la teoria della mente cartesiana, secondo Ryle,si basa sulla rappresentazione di concetti mentali come credere, conoscere, aspirare o detestare come atti o processi (e concludere che devono essere atti o processi nascosti, non osservabili), quando i concetti di credere, conoscere e simili sono effettivamente disposti (1949, 33). Notare correttamente le distinzioni di categoria può aiutare ad alleviare una varietà di problemi e perplessità filosofiche, e l'idea dell'errore di categoria è stata ampiamente esercitata (da Ryle e altri) con questo scopo.e l'idea dell'errore di categoria è stata ampiamente esercitata (da Ryle e altri) con questo obiettivo.e l'idea dell'errore di categoria è stata ampiamente esercitata (da Ryle e altri) con questo obiettivo.

Un'altra potenziale applicazione del lavoro sulle categorie risiede nell'idea che vari errori e enigmi in ontologia possono essere ricondotti all'errata convinzione che affermazioni esistenziali e quantificative neutrali alla categoria siano valutabili in termini di verità (vedi Thomasson 2007). Un gran numero di argomenti in ontologia si basano su affermazioni sul fatto che, in varie situazioni, vi sia qualche oggetto presente (o quanti oggetti ci siano), in cui il termine 'oggetto' deve essere usato in modo neutro rispetto alla categoria affinché l'argomento vada attraverso (Thomasson 2007, 112-118). Ma se affermazioni esistenziali e quantificabili valutabili per la verità devono tacitamente presupporre una o più categorie di entità su cui stiamo quantificando, allora tali argomenti vanno fuori strada. Thomasson (2007) fornisce motivi indipendenti per pensare che ogni quantificazione debba almeno tacitamente presupporre una categoria o categorie di entità su cui stiamo quantificando, e sostiene che l'adozione di tale punto di vista fornisce la base uniforme per dissolvere una serie di problemi che si suppone sorgano con l'accettazione un'ontologia di oggetti ordinari.

2.2 Il metodo di distinzione tra categorie di Ryle / Husserl

Mentre coloro che si avvalgono solo dell'idea delle differenze di categoria (piuttosto che pretendere di offrire un sistema di categorie) non devono preoccuparsi di come fornire un elenco esaustivo di categorie, devono comunque tenere conto delle condizioni in cui possiamo legittimamente affermano che due entità, concetti o termini appartengono a categorie diverse, in modo da sapere quando viene commesso (e non è) un errore di categoria. Altrimenti, si troverebbero ad affrontare l'accusa di arbitrarietà o ad hoc in vista di quali categorie ci sono o dove si trovano le differenze di categoria. Eppure c'è poco più accordo sui criteri corretti per distinguere le categorie di quanto non ci siano su quali categorie ci siano.

Ryle è noto che le assurdità sono la chiave per rilevare le differenze di categoria. Ma sebbene Ryle rese famoso il metodo, apparentemente derivò l'idea dal metodo di Husserl di distinguere le categorie di significato (cfr. Ryle 1970, 8; Simons 1995, 120; Thomasson 2002, 124-8 e §1.3 sopra). Ma mentre Husserl usava assurdità sintattiche come un modo per rilevare differenze nelle categorie di significato (producendo diverse categorie grammaticali), Ryle ampliava l'idea, prendendo le assurdità più ampiamente concepite come sintomi di differenze nelle categorie logiche o concettuali (1938/1971, 180). Pertanto, ad esempio, l'affermazione "È tornata a casa in un diluvio di lacrime e una sedia berlina" (Ryle 1949, 22) è perfettamente sintatticamente ben formata, ma Ryle lo classifica comunque come una frase assurda,dove l'assurdità è un sintomo del fatto che la frase si unisce a termini di diverse categorie.

Ryle descrive il test per le differenze di categoria come segue: “Due fattori di proposizione sono di categorie o tipi diversi, se ci sono strutture di frasi tali che quando le espressioni per tali fattori vengono importate come complementi alternativi agli stessi segni di gap, il risultante le frasi sono significative in un caso e assurde nell'altro”(1938 / 1971,181) - in altre parole, due espressioni (o meglio: cosa significano) differiscono nella categoria se ci sono contesti in cui sostituendo un'espressione con l'altra si traduce in assurdità. Questo test, ovviamente, non fornisce alcun modo per stabilire che due espressioni appartengano alla stessa categoria (ma solo che non lo sono), poiché esiste un numero infinito di frame di frasi e si può ancora trovare che non consente la sostituzione deve essere fatta senza assurdità. Inoltre lascia aperta e semplicemente intuitiva la nozione di "assurdità" stessa; infatti, Ryle conclude il suo articolo "Categorie" con la domanda "Ma quali sono le prove dell'assurdità?" (1938/1971, 184). L'approccio di Ryle fu ulteriormente sviluppato, in modo più formale, da Fred Sommers (1959, 1971).

JJC Smart (1953) ha criticato il criterio di Ryle per il disegno di distinzioni di categoria sulla base del fatto che apparentemente potrebbe essere usato per stabilire una differenza di categoria tra due espressioni qualsiasi. "Quindi" il posto del-è duro "funziona se" sedia "o" panca "viene messa in bianco, ma non se" tavolo "o" letto "lo sono. E se le parole dei mobili non formano una categoria, potremmo anche chiederci cosa fare”(1953, 227). Senza un test per l'assurdità a parte un certo tipo di inaccettabilità intuitiva per i madrelingua, sembriamo essere lasciati senza un mezzo per dichiarare che "Saturday is in bed" è una violazione della categoria ma "Il posto del letto è difficile" per non essere. Bernard Harrison tenta di affrontare questa sfida distinguendo i tipi di inadeguatezza derivanti da violazioni di fatti di categoria (come il primo) da quelli derivanti da semplici violazioni di fatti di utilizzo (il secondo) (1965, 315-16). L'uso del termine "letto" potrebbe essere presumibilmente esteso in modi che renderebbero accettabile "Il posto del letto" (ad esempio, se i letti venissero realizzati con i sedili), mentre "Sabato" non potrebbe essere ampliato in modo concepibile in un modo che renderebbe accettabile il "sabato a letto" - qualsiasi tentativo di "estensione" implicherebbe semplicemente l'uso del "sabato" (ad esempio, come il nome per un giorno della settimana e per una persona) (1965, 316-18). Per ulteriori discussioni sugli approcci di intercostituibilità al disegno di distinzioni di categoria, vedere Westerhoff (2005, 40-59). L'uso del termine "letto" potrebbe essere presumibilmente esteso in modi che renderebbero accettabile "Il posto del letto" (ad esempio, se i letti venissero realizzati con i sedili), mentre "Sabato" non potrebbe essere ampliato in modo concepibile in un modo che renderebbe accettabile il "sabato a letto" - qualsiasi tentativo di "estensione" implicherebbe semplicemente l'uso del "sabato" (ad esempio, come il nome per un giorno della settimana e per una persona) (1965, 316-18). Per ulteriori discussioni sugli approcci di intercostituibilità al disegno di distinzioni di categoria, vedere Westerhoff (2005, 40-59). L'uso del termine "letto" potrebbe essere presumibilmente esteso in modi che renderebbero accettabile "Il posto del letto" (ad esempio, se i letti venissero realizzati con i sedili), mentre "Sabato" non potrebbe essere ampliato in modo concepibile in un modo che renderebbe accettabile il "sabato a letto" - qualsiasi tentativo di "estensione" implicherebbe semplicemente l'uso del "sabato" (ad esempio, come il nome per un giorno della settimana e per una persona) (1965, 316-18). Per ulteriori discussioni sugli approcci di intercostituibilità al disegno di distinzioni di categoria, vedere Westerhoff (2005, 40-59).considerando che il "sabato" non potrebbe essere plausibilmente esteso in modo da rendere accettabile il "sabato a letto"; qualsiasi tentativo di "estensione" implicherebbe semplicemente l'uso del "sabato" in modo omonimo (ad esempio, come nome per un giorno della settimana e per una persona) (1965, 316-18). Per ulteriori discussioni sugli approcci di intercostituibilità al disegno di distinzioni di categoria, vedere Westerhoff (2005, 40-59).considerando che il "sabato" non potrebbe essere plausibilmente esteso in modo da rendere accettabile il "sabato a letto"; qualsiasi tentativo di "estensione" implicherebbe semplicemente l'uso del "sabato" in modo omonimo (ad esempio, come nome per un giorno della settimana e per una persona) (1965, 316-18). Per ulteriori discussioni sugli approcci di intercostituibilità al disegno di distinzioni di categoria, vedere Westerhoff (2005, 40-59).

2.3 Il metodo Dummett / Frege per distinguere le categorie

Sviluppando alcuni suggerimenti di Frege, Michael Dummett (1973/1981) delinea un nuovo modo di disegnare distinzioni di categoria tra gli oggetti. Per Frege, le categorie logiche delle cose sono i correlati di diverse categorie di espressione linguistica, in cui le categorie di espressione linguistica a loro volta si basano sul corretto uso delle espressioni (Dummett 1973/1981, 57). Quindi la categoria ontologica dell'oggetto si distingue in riferimento alla categoria linguistica del nome proprio (Dummett 1973/1981, 55-56; cfr. Wright 1983, 13 e Hale 1987, 3-4) -ie, un oggetto è solo il correlato di un nome proprio, in cui si ritiene che i nomi propri includano tutti i termini singolari (comprese le frasi sostanziali singolari precedute dall'articolo determinativo).

Frege lascia la distinzione tra questi cosiddetti "nomi propri" e altre parti del discorso semplicemente intuitivamente intese, ma Dummett sostiene che, ad esempio, si potrebbe iniziare con criteri per distinguere i nomi propri richiedendo la sostituibilità dei termini preservando il ben- formalità di una frase (che, come abbiamo visto nel §1.3, gioca anche un ruolo nella distinzione delle categorie di significati di Husserl), e preservando la validità di vari schemi di inferenza (dove quest'ultimo requisito è necessario per distinguere i nomi propri dagli altri termini sostanziali come "qualcuno" e "nessuno") (1973/1981, 58 e seguenti). (Per ulteriori perfezionamenti di questi criteri, vedere Dummett (1973/1981, 61-73) e Hale (1987, capitolo 2)).

In linea con il requisito di Frege (1884/1968, §62) secondo cui i nomi devono essere associati a un criterio di identità, Dummett sostiene che è necessario un test aggiuntivo (oltre a questi test formali) per distinguere i nomi propri autentici (a cui gli oggetti corrispondono) da altri tipi di espressione: “Anche se un'espressione supera i test più formali che abbiamo escogitato, non deve essere classificata come un nome proprio, o pensata come rappresentante di un oggetto, a meno che non possiamo parlare di un criterio di identità, determinato da il senso dell'espressione, che si applica all'oggetto per cui rappresenta”(1973/1981, 79).

Una volta che le categorie grammaticali sono state distinte, permettendoci così di distinguere l'oggetto categoria ontologica in riferimento alla categoria linguistica con nome proprio, possiamo continuare a tracciare distinzioni di categoria tra oggetti.

Come sostiene Dummett (in un punto ulteriormente sviluppato in Lowe 1989 e Wiggins 2001), i nomi propri, semplici o complessi, devono essere associati a un criterio di identità che determina le condizioni in cui il termine può essere correttamente applicato nuovamente a uno e al stessa cosa (1973/1981, 73-75). Tutti quei nomi e questi termini ordinali generali (utilizzabili per formare nomi complessi) che condividono un criterio di identità vengono quindi definiti termini della stessa categoria, anche se i criteri di applicazione per gli ordinali associati variano (1973/1981, 546). Pertanto, ad esempio, i termini ordinali "cavallo" e "mucca" (allo stesso modo, nomi di cavalli e mucche) sono termini della stessa categoria, poiché condividono i criteri di identità adatti agli animali.

Come osserva Lowe (1989, 108-118), questo approccio alle categorie blocca alcune mosse reduttiviste nella metafisica. Ad esempio, se termini ordinali come "persona" e "organismo" sono associati a condizioni di identità diverse, coloro che cercano di identificare in modo riduttivo le persone con organismi biologici sono coinvolti in un errore di categoria.

L'idea che le distinzioni di categoria possano essere tracciate in termini di identità e / o condizioni di esistenza associate ai termini di ciascuna categoria ha recentemente guadagnato popolarità. Sebbene differiscano nei dettagli, le versioni dell'approccio sono state utilizzate non solo da Frege e Dummett ma anche da Lowe (2006, 6) e Thomasson (2007).

Questo approccio al disegno delle distinzioni di categoria può evitare vari potenziali problemi e fonti di scetticismo. Non è soggetto a problemi come quelli che Smart ha sollevato per il criterio di Ryle, poiché i giorni della settimana hanno chiaramente condizioni di identità diverse rispetto alle persone, mentre i letti e le sedie sembrano condividere le condizioni di identità (quelle adatte ai manufatti). Un tale metodo di elaborazione delle categorie non è soggetto al tipo di scetticismo sollevato sopra per i sistemi di categorie. In questo caso non è possibile fornire un elenco esaustivo di categorie e per una ragione di principio: categorie diverse possono essere discusse a condizione che possano essere inventati termini o concetti nominativi associati a condizioni di identità distinte, quindi potrebbe non esserci un numero fisso di possibili categorie a tutti.

Seguire questo metodo garantisce anche che le categorie distinte si escludano a vicenda, poiché è un corollario di questa posizione che le entità possano essere identificate solo se sono governate dalle stesse condizioni di identità (e soddisfano quelle), in modo che sia esclusa a priori quella stessa entità potrebbe appartenere a due o più categorie distinte, in violazione del requisito di mutua esclusività.

Questo metodo di distinzione delle categorie fornisce anche un modo di principio per rispondere ad alcune delle domande centrali per le teorie delle categorie, incluso se esiste o meno un unico genere summum e quale sia la relazione tra categorie linguistiche / concettuali e ontologiche. Termini del tutto generali come "cosa" "entità" o "oggetto", secondo Dummett, non sono veri e propri termini di sorta, poiché non forniscono alcun criterio di identità. Quindi chiaramente su questo punto di vista (come su Aristotele) non esiste un genere summum in base al quale categorie come artefatto, animale, ecc. Possano essere organizzate come specie, poiché (in mancanza di criteri di identità) tali candidati prendono tutti i termini come "oggetto", 'essere', 'entità' e simili non sono nemmeno termini ordinali e quindi non possono essere termini categorici.

Considerazioni che, come quelle di Ryle e di Dummett, si avvicinano alla categorizzazione tramite il linguaggio piuttosto che ontologicamente, a volte vengono criticate in quanto capaci solo di notare differenze nella categoria di determinate espressioni linguistiche, ma perché, si potrebbe chiedere, dovrebbe avere qualcosa di cui parlarci? differenze nelle categorie di cose reali? Ma il modo di Dummett di comprendere la categorizzazione mostra una soluzione a questo problema. Perché Dummett sostiene che, senza un concetto categorico associato, non possiamo individuare gli oggetti (anche usando nomi o dimostrativi) (1973/1981, 571). I concetti categorici sono necessari per noi per individuare le "cose" e non possono essere derivati dal considerare le "cose" preidentificate senza tener conto delle categorie.(Ne conseguirebbe quindi che l'idea di Johansson secondo cui potremmo arrivare alle categorie per astrazione dal considerare le singole cose sarebbe sbagliata.) Da questo punto di vista, quindi, le categorie non solo possono, ma devono essere distinte principalmente per distinguere l'identità condizioni associate in modo critico all'uso corretto di termini e nomi diversi. Se non riusciamo a fare riferimento a, scoprire o individuare affatto gli oggetti se non per mezzo di una certa concezione categorica (fornendo condizioni di applicazione e identità), le differenze categoriali nei nostri termini o nomi ordinali (contrassegnati dalle loro differenze nelle condizioni di identità) sono ipso facto, e automaticamente, le differenze di categoria nelle cose individuate da questi termini: la possibilità di un "errore" qui non sorge,e viene assicurata la connessione tra la categoria di un'espressione utilizzata per fare riferimento a una determinata entità e la categoria dell'entità a cui si fa riferimento.

Bibliografia

  • Ackrill, JL (1963) Aristotele's Categories e De Interpretatione (traduzione con note). Oxford: Clarendon Press.
  • Aristotele (1953). Metafisica. Testo rivisto tradotto con commento e introduzione di WD Ross. Oxford: Clarendon Press.
  • Aristotele (1963). Categorie. Tradotto con note di JL Ackrill. Oxford: Clarendon Press.
  • Butchvarov, Panayot (1995). “Categorie”. In A Companion to Metaphysics, a cura di Jaegwon Kim ed Ernest Sosa. Oxford: Blackwell.
  • Carr, Brian (1987). Metafisica: un'introduzione. Atlantic Highlands, New Jersey: Humanities Press International.
  • Carstairs, AD (1971). "Ryle, Hillman e Harrison sulle categorie", Mind Vol. 80, n. 319: 403-408.
  • Chisholm, Roderick (1989). Sulla metafisica. Minneapolis: University of Minnesota Press.
  • Chisholm, Roderick (1996). Una teoria realistica delle categorie. Cambridge: Cambridge University Press.
  • Collingwood, RG (1940/1998). Un saggio sulla metafisica. Oxford: Clarendon.
  • Dummett, Michael (1973/1981). Frege: filosofia del linguaggio. Seconda edizione. Cambridge, Massachusetts: Pressa dell'Università di Harvard.
  • Frege, Gottlob (1884/1968). Die Grundlagen der Arithmetik / Le basi dell'aritmetica. Tradotto da JL Austin. Evanston, Illinois: Northwestern University Press.
  • Grossmann, Reinhardt (1983). La struttura categoriale del mondo. Bloomington, Indiana: Indiana University Press.
  • Hale, Bob (1987). Oggetti astratti. Oxford: Blackwell.
  • Harrison, Bernard (1965). "Errori di categoria e regole del linguaggio". Mind Vol. 74, n. 295: 309-325.
  • Hoffman, Joshua e Gary S. Rosenkrantz (1994). Sostanza tra le altre categorie. Cambridge: Cambridge University Press.
  • Husserl, Edmund (1913/1962). Idee: introduzione generale alla fenomenologia pura. Traduzione di WR Boyce Gibson. New York: Collier Books.
  • Husserl, Edmund (1913/2000). Logical Investigations (2a edizione; 2 volumi). Tradotto da JN Findlay. Londra: Routledge.
  • Ingarden, romano (1960/1964). Tempo e modalità dell'essere. Traduzione di Helen R. Michejda. Springfield, Illinois: Charles C. Thomas.
  • Johansson, Ingvar (1989). Indagini ontologiche. New York: Routledge.
  • Kant, Immanuel (1781/1958). Critica della ragion pura. Traduzione di Norman Kemp Smith. Londra: Macmillan.
  • Körner, Stephan (1955). Kant. Harmondsworth, Inghilterra: Penguin.
  • Körner, Stephan (1970). Quadri categorici. Oxford: Blackwell.
  • Lakoff, George (1987). Donne, fuoco e cose pericolose: quali categorie rivelano della mente. Chicago: University of Chicago Press.
  • Lowe, EJ (1989). Tipi di essere: uno studio di individuazione, identità e la logica dei termini di sorta. Oxford: Blackwell.
  • Lowe, EJ (2006). L'ontologia in quattro categorie: una base metafisica per le scienze naturali. Oxford: Clarendon.
  • Paton, HJ (1936). Metafisica dell'esperienza di Kant. Londra: George Allen e Unwin.
  • Rakison, David e Lisa M. Oakes (2003). Sviluppo precoce di categorie e concetti. Oxford: Oxford University Press.
  • Russell, Bertrand e Alfred North Whitehead (1913/1962). Principia Mathematica a * 56. Cambridge: Cambridge University Press.
  • Ryle, Gilbert (1938/1971). “Categorie”, in Collected Papers, Volume II: Collected Essays. New York: Barnes and Noble.
  • Ryle, Gilbert (1949). Il concetto di mente. Chicago: University of Chicago Press.
  • Ryle, Gilbert (1970). "Autobiografico", in Oscar P. Wood e George Pitcher, ed. Ryle. New York: Doubleday and Co.
  • Sellars, Wilfrid (1970/1974). "Verso una teoria delle categorie", ristampato in Saggi di filosofia e storia. Dordrecht, Olanda: D. Reidel.
  • Simons, Peter (1992). Filosofia e logica nell'Europa centrale da Bolzano a Tarski. Dordrecht, Paesi Bassi: Kluwer.
  • Simons, Peter (1995). "Significato e lingua". In Barry Smith e David W. Smith, a cura di. The Cambridge Companion to Husserl. Cambridge: Cambridge University Press.
  • Smart, JJC (1953). "Una nota sulle categorie". British Journal for the Philosophy of Science Vol. 4, n. 15: 227-8.
  • Smith, Barry (2003). "Ontologia". In Blackwell Guida alla filosofia dell'informatica e dell'informazione. Oxford: Blackwell.
  • Smith, David Woodruff (1995). "Mente e corpo". In Barry Smith e David Woodruff Smith, a cura di. The Cambridge Companion to Husserl. Cambridge: Cambridge University Press.
  • Smith, David Woodruff (2004). Mind World: Saggi di fenomenologia e ontologia. Cambridge: Cambridge University Press.
  • Smith, David Woodruff (2007). Husserl. Londra: Routledge.
  • Sommers, Fred (1959). "L'albero delle lingue ordinarie". Mente 68: 160-85.
  • Sommers, Fred (1971). "Ontologia strutturale". Filosofo 1: 21-42.
  • Sommers, Fred (1982). La logica del linguaggio naturale. Oxford: Clarendon Press.
  • Strawson, PF (1959/1963). Individui: un saggio di metafisica descrittiva. New York: Anchor Books.
  • Thomasson, Amie L. (1999). Narrativa e metafisica. Cambridge: Cambridge University Press.
  • Thomasson, Amie L. (2002). "Fenomenologia e sviluppo della filosofia analitica". Southern Journal of Philosophy XL, Supplemento: 115-142.
  • Thomasson, Amie L. (2007). Oggetti ordinari. Oxford: Oxford University Press.
  • Thompson, Manley (1957). "Sulle differenze di categoria". Revisione filosofica vol. 66, n. 4: 486-508.
  • Westerhoff, Jan (2005). Categorie ontologiche: loro natura e significato. Oxford: Clarendon.
  • Wiggins, David (2001). Sameness e sostanza rinnovata. Cambridge: Cambridge University Press.
  • Wright, Crispin (1983). La concezione di Frege dei numeri come oggetti. Aberdeen: Aberdeen University Press.

Altre risorse Internet

  • "Recenti progressi nella metafisica" di EJ Lowe, Durham University.
  • "Categorie ontologiche e come usarle" di Amie L. Thomasson
  • Ontologia descrittiva e formale: una guida alle risorse per la ricerca contemporanea di Raul Corazzon.
  • The Buffalo Ontology Site, Università di Stato di New York, Buffalo.
  • Portale ontologico di John Bateman.

Raccomandato: